Solo questione di tempo. L’addio alla Lega della deputata regionale Marianna Caronia era nell’aria ormai da settimane. Da quella diserzione – datata 12 giugno – in cui la consigliera comunale a Palermo aveva aperto la polemica con Alberto Samonà, l’assessore ai Beni culturali e all’identità siciliana fresco di nomina nella giunta del governatore Nello Musumeci. «Mi aspetto che la Lega chiarisca, ai suoi massimi livelli se l’autore di tali abominevoli espressioni e apprezzamenti possa rimanere al suo posto», aveva detto commentando un articolo de Il Fatto Quotidiano in cui era stata resa nota una poesia, scritta da Samonà, in cui quest’ultimo inneggiava alle SS della Germania nazista.
L’ultima spallata in questo tormentato amore l’ha data il senatore e commissario della Lega in Sicilia Stefano Candiani: «Ha proposto l’abolizione delle preferenze per le elezioni regionali – dice Caronia – un’ipotesi che mi ha sempre visto e mi vede contraria, perché credo che i cittadini debbano poter liberamente eleggere i propri rappresentanti nelle Istituzioni a tutti i livelli, compreso quello nazionale». Adesso per la deputata regionale, eletta all’Ars con Forza Italia, si riaprono le porte del gruppo Misto, dov’era già stata da marzo 2018 fino a gennaio scorso. Stesso destino anche al consiglio comunale di Palermo, dove aveva lasciato la schiera dei ferrandelliani per aderire al gruppo capeggiato da Igor Gelarda.
«La dichiarazione di Candiani – continua la deputata – comunque non mi ha affatto stupita, perché è conferma ed espressione di una cultura e di una visione non molto democratica della politica della Lega, rispetto alla quale ho già espresso più volte e in diverse occasioni anche pubblicamente fortissime perplessità». L’uscita di scena di Caronia propone però anche un’analisi sul futuro del gruppo del Carroccio all’Ars. Prima di lei aveva salutato Giovanni Bulla, eletto con l’Udc e rimasto fedele ai salviniani per appena quattro mesi, salvo poi lasciare perché non proprio a suo agio allo stesso tavolo con i referenti siciliani di Salvini.
Nel gruppo rimangono quindi in due: Orazio Ragusa, ex Forza Italia, e Antonio Catalfamo, in passato capogruppo al parlamento siciliano di Fratelli d’Italia. Numeri al lumicino che potrebbero fare vacillare la tenuta per il futuro. Di fatto quella che veniva benedetta come un grande operazione politica – con la regia del parlamentare leghista Nino Minardo – è crollata in appena sette mesi.
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