Un viaggio tra la gente comune per raccontare ed interpretare le paure del presente. «Quelle su cui oggi si vincono le elezioni», per intenderci. Così Gabriele Vacis presenta il suo docu-film La paura siCura. Nato da un’idea del Forum italiano per la sicurezza urbana, sarà presentato stasera al Centro Culture Contemporanee Zo di Catania.
Una mappa dei timori italiani da Nord e Sud: sei tappe, da Settimo Torinese fino a Librino. Con l’aiuto di laboratori, interviste e un blog in cui raccogliere impressioni e spunti. Ma anche storie di forza personale e la ricerca di soluzioni al disagio, con un’analisi specifica sul Meridione. Dove «la necessità porta ad essere più coraggiosi», spiega Vacis, che abbiamo intervistato alla vigilia della presentazione.
La paura siCura. Come nasce l’idea?
«Ho iniziato una sorta di viaggio sulle tracce dei Comizi d’amore di Pasolini. Lui, negli anni ’60, andava in giro a parlare con la gente dei temi del momento: l’amore e il sesso. Io, senza voler fare paragoni, ho fatto questo viaggio attraverso la penisola chiedendo agli italiani quando si sentono al sicuro e di che cosa hanno paura. Ho discusso di quello che è importante in questo momento: la sicurezza».
Domande difficili a cui rispondere su due piedi. E’ stata quasi un’indagine sociologica?
«Non ho fatto un’inchiesta, il mio lavoro non ha nessuna pretesa scientifica. Quello che racconto nel film sono delle storie. Non ho chiesto ai miei interlocutori di cosa hanno paura, ma di raccontare quando hanno avuto veramente paura o quando si sono sentiti davvero al sicuro. La domanda sembra la stessa, ma in realtà c’è molta differenza».
Quali sono state le risposte più ricorrenti?
«Non quelle che potrebbero sembraci più scontate. Ho incontrato più di 300 persone e nessuno ha raccontato, ad esempio, di aggressioni da parte di extracomunitari o di scippi e rapine. Evidentemente non sono le prime preoccupazioni».
E allora di cosa hanno davvero paura gli italiani e quando invece si sentono al sicuro?
«I ragazzini ti rispondono che hanno avuto davvero paura quando hanno pensato che il loro nonno stesse per morire. I nonni, invece, ti dicono di aver avuto paura dopo la laurea dei nipoti: preoccupazione per il loro futuro e per la mancanza di lavoro. Queste sono le vere paure degli italiani. Così come sentirsi al sicuro è una cosa molto seria, che non ha a che fare con le telecamere o con i poliziotti per strada, ma dipende dalla nostra coscienza, dal nostro intimo».
Nel docu-film si parla anche di coraggio. Basta come antidoto ai timori?
«Chiedevo spesso, specie ai ragazzini, quando fossero stati coraggiosi. La reazione è stata strana. Sono sicuro che se l’avessero chiesto a me alla loro età avrei fatto un elenco, magari inventato, per dimostrare di essere coraggioso. Oggi, invece, la maggior parte dei giovani è molto dubbiosa e ritiene di non esserlo. È una cosa su cui interrogarsi».
Differenze anagrafiche che emergono dal suo viaggio. E tra Nord e Sud?
«Ci sono due Italie, è inutile che ce lo nascondiamo. C’è un’Italia opulenta al Nord e al Centro e c’è un’Italia povera e in situazione di disagio al Sud. E’ naturale che i desideri, le paure e la possibilità di sentirsi al sicuro siano molto diverse. Spesso chiedevo ai miei interlocutori se si sentissero al sicuro nella propria città. A Torino, a Ravenna o a Schio, ad esempio, tutti mi rispondevano di sì».
E a Librino?
«L’impressione che ho avuto è che gli abitanti di Librino siano molto orgogliosi del loro quartiere e non vogliano che se ne dia un’immagine negativa. Hanno perfettamente ragione e lo fanno perché vogliono migliorarlo. Vogliono che sia vivibile e loro lo vivono senza paura. In questo sono coraggiosi».
Quali sono invece le loro paure?
«Che il loro quartiere sia visto solo come un dormitorio, come un brutto posto. Ce la mettono tutta affinché faccia meno paura. Ma non tutti ovviamente la pensano allo stesso modo. Due bambini che ho intervistato nel docu-film dicono di volersene andare da Catania. Questo è molto significativo».
Questione di coraggio?
«E’ un sentimento relativo alla necessità: se abbiamo necessità diventiamo coraggiosi. Al Nord si avverte meno il bisogno e perciò si pensa di non essere forti. Io ho avuto invece l’impressione che bisogna essere coraggiosi per vivere a Librino».
[Foto di Iko]
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