Un libro che restituisce onori e attenzione anche nel linguaggio a mille donne di tutti i tempi e luoghi che hanno conseguito un primato, spesso non riconosciuto dalla cosiddetta ‘cultura ufficiale’. Le mille. I primati delle donne, il libro curato da Ester Rizzo insieme all’associazione Toponomastica femminile, edito da Navarra edizioni, raccoglie le storie e i ritratti di donne coraggiose che hanno segnato al storia di Palermo. C’è Giuseppina Vittone Li Causi, prima donna a rinunciare allo stipendio da parlamentare all’Assemblea regionale siciliana nel 1953, un gesto pubblico fatto non per ottenere consensi, ma per quel modo di concepire la politica come servizio per i cittadini, schierata in prima linea per l’emancipazione delle donne siciliane. C’è il dolore limpido di Francesca Serio, prima madre a costituirsi parte civile nel processo per l’assassinio del figlio, Salvatore Carnevale, ucciso il 16 maggio del 1955 a Sciara, in provincia di Palermo, per aver denunciato i soprusi dei mafiosi contro i braccianti agricoli. «Dopo uno sciopero un maresciallo definì mio figlio ‘il veleno dei lavoratori’», ha detto. A descrivere la sua determinazione è stato Carlo Levi: «istruì da sola il processo contro il feudo, la mafia e lo Stato, così questa donna si è fatta in un giorno, le lacrime non sono più lacrime, ma parole e le parole sono pietre». C’è Vittoria Giunti, primo sindaco donna in Sicilia, eletta a Santa Elisabetta, in provincia di Agrigento, staffetta durante la Resistenza, componente della commissione sul voto alle donne nel periodo della Costituente, e direttrice della Casa delle culture di Milano. Ma c’è spazio anche per la sperimentazione teatrale contemporanea di Emma Dante e per le 157 donne ammazzate da cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e sacra corona unita, a corollario della pietosa bugia secondo la quale ‘le mafie non toccano le donne’.
«Riconoscere i valori e i meriti delle donne capaci di ottenere primati e diventate protagoniste di eccellenze, anche attraverso la visibilità di una strada loro dedicata – scrive la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, nella prefazione – rende il nostro paesaggio urbano più vero perché paritario e finalmente rappresentativo di quello che siamo». Un percorso trasversale che intreccia discipline, premi, ambiti artistici e professionali, tra storia antica e recente, con pittrici, registe, giornaliste, politiche e viaggiatrici che hanno pagato a caro prezzo i loro passi avanti in terreni per niente disposti ad accoglierle. Nel testo riprendono così vita le storie di Emanuela Sansone, uccisa a Palermo a soli 17 anni nel 1896 per ritorsione nei confronti della madre Giuseppa Di Sano, piccola commerciante sospettata dai mafiosi di averli denunciati per fabbricazione di banconote false. O di Giovanna Cirillo Rampolla, prima donna siciliana a ribellarsi alla mafia denunciando, con nomi e cognomi in un ricorso al ministero dell’Interno pubblicato a Palermo nel 1889, i retroscena sul suicidio del marito, delegato di pubblica sicurezza di grande rigore e coraggio, che non aveva retto all’indifferenza delle autorità alle sue denunce.
Un viaggio in una storia spesso costellata di sconfitte, divieti e obblighi, chiusa in spazi angusti difficili da aprire. Come mostra la parte sui Nobel negati, cioè le tante donne che hanno subito il furto delle proprie idee e scoperte da parte di uomini che in seguito si sono fregiati del prestigioso riconoscimento. A parlare, oltre le storie, sono i numeri: dal 1901 al 2015 sono stati assegnati 573 premi Nobel, di cui 870 individuali. Di questi, solo 48 sono stati assegnati a donne. Tra le siciliane e le donne che a ogni latitudine e in ogni periodo hanno provato a forzare quell’argine, sfidando pregiudizi e tabù, non mancano continui e precisi riferimenti ai luoghi urbani che con un nome ricordano le donne raccontate nel testo, secondo la volontà dell’associazione “Toponomastica femminile”.
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