Le mani sulle partecipate delle 11 Asi siciliane

Le undici aree di sviluppo industriale in Sicilia verranno chiuse e sarà costituito un unico “Istituto regionale per le attività produttive”. Lo prevede la legge approvata ieri dall’Assemblea regionale siciliana. Bene, direte voi. Le Asi sono stati dei grandi ‘carrozzoni mangiasoldi’, con una pletora di soggetti tra assemblee, consigli generali e consigli direttivi. Con inutili gettoni da 35 euro a seduta. Giusto, anche se per quest’opera di moralizzazione bastava sopprimere tali organismi, perché i direttori generali, dipendenti assunti profumatamente, resteranno, così come tutto il personale e pure le sedi. Forse cresceranno le missioni di questo personale per andare fino a Palermo.
E allora, direte voi: quali saranno i “vantaggi”? Certamente, quello che ogni piccolo o medio imprenditore siciliano dovrà rivolgersi direttamente a Palermo e non più ai referenti locali. E fino a qui siamo ai limiti di quella centralizzazione del potere, stigmatiizzata da capogruppo del Pdl, Innocenzo Leontini, che fa parte di certa politica. Questa riforma è voluta fortemente da Confindustria Sicilia, che proprio al vertice dell’assessorato Attività produttive ha uno dei suoi esponenti migliori del suo nuovo corso: Marco Venturi. E questo ci aveva convinti, perché apprezziamo questo giovane imprenditore.
Ma poi ci è venuto in mente che questi consorzi Asi non sono solo dei ‘carrozzoni’ del sottobosco politico. In questi trent’anni hanno incamerato partecipazioni societarie di rilievo in ogni provincia dell’Isola. Solo per fare qualche esempio, l’Asi di Catania è comproprietaria della Sac, la Società di gestione degli aeroporti di Catania e della SO.A.CO, società di gestione del nuovo aeroporto di Comiso. Oppure l’importantissima Industria Acqua Siracusana spa, dove è socio di maggioranza l’Asi di Siracusa. E la Società degli interporti siciliani spa, che ha soci le Asi di Palermo, Catania e del Calatino. Ed è così anche a Gela, a Trapani e in tutte le altre Aree di sviluppo industriale.
Ci chiediamo allora: a chi cederanno i commissari liquidatori, nominati dalla Regione, queste importanti partecipazioni? Che parte giocheranno gli esponenti di Confindustria Sicilia? E ancora: a che prezzi verranno cedute – se verranno cedute – queste partecipazioni stategiche? Verranno vendute o svendute? E perché venderle ai privati se la Regione è ancora presente in ben 34 società e non 14, perché ancora la riforma, checchè ne dicano certi governanti, non è stata attuata? Se la Regione siciliana continua a mantenere le proprie partecipazioni in società pubbliche che provocano ingenti esborsi perché dovrebbe vendere – l’assessore Venturi ne converrà – proprio le partecipazioni strategiche che fruttano utili?
A queste domande governo e deputati regionali debbono risposte chiare. Al più presto.

 

Redazione

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