Un percorso durato un anno che, si spera, possa continuare «Avevo l’esigenza di mettere un punto – dice la regista – volevo che si esibissero davanti ad un pubblico vero, per mettersi alla prova». Di quel poco e del niente è uno spettacolo teatrale molto speciale, speciale perché in scena ci saranno le detenute del carcere Pagliarelli che da un anno lavorano con la regista teatrale Claudia Calcagnile che ha scritto e diretto lo spettacolo. La compagnia che prende il nome di Oltremura_Lab andra in scena mercoledì 13 aprile alle ore 17 presso il teatro dell’Istituto Penitenziario Pagliarelli, «È il primo esito performativo del progetto – continua Calcagnile – che vede coinvolte nove attrici-detenute».
Promosso dall’associazione Mosaico, l’idea è quella di un teatro d’arte sociale al servizio della persona e della comunità. Il laboratorio si è orientato verso un lavoro di ricerca di senso, che, tramite la ritualità del teatro è diventato momento di condivisione, di ascolto e di relazione. «Sin dai primi incontri – continua la regista – è emersa una forte difficoltà, da parte delle partecipanti, nel trovare un senso di identità svicolato dalla condizione detentiva e dall’esperienza, da tutte loro condivisa, della maternità. Si è quindi provato a percorrere una strada per recuperare la memoria autobiografica delle donne e rappresentare il loro percorso in relazione alla vita, coniugando gioco, fantasia e coscienza, per provare a conoscersi di nuovo».
Da questa prima riflessione, è nata l’idea di costruire una drammaturgia collettiva su una vita immaginaria, sulla possibilità della riscoperta e della ricostruzione di sé. Lo spettacolo, che ha visto la collaborazione artistica di Marcella Vaccarino nel ruolo di assistente alla regia, nonché di attrice, «Con Claudia abbiamo parlato, – racconta Vaccarino – ci siamo ritrovate molto, alla fine ci siamo scelte per percorsi comuni». Lo spettacolo è liberamente ispirato ad alcune storie tratte da Donne che corrono coi lupi (Clarissa Pinkola Estés) e percorre la strada della rinascita, della possibilità di uscire da una realtà che spersonalizza, costringe e impoverisce.
«Ho sempre lavorato in contesti di marginalità, – aggiunge Calcagnile -, luoghi di sofferenza, per cercare una verità da raccontare da chi questa verità non solo non può raccontarla ma a volte non riesce neanche a immaginarsela. Quello del carcere è un traguardo che ho raggiunto, l’esperienza è arrivata dopo altri laboratori in contesti di marginalità, per me questo è lo scopo più alto del mio mestiere».
Svegliandosi da una dimensione soporifera, le nove donne sognano, ricordano, immaginano e riscoprono la loro bellezza, la loro femminilità, la loro essenza, cercando il proprio riscatto in un luogo che, troppo spesso, annichilisce l’anima e annienta persino la capacità di desiderare. In scena, insieme alle attrici/detenute, anche l’attrice Gabriella D’Anci. «Speriamo di poter continuare, – conclude – ma per fare questo abbiamo bisogno dell’appoggio morale ed economico delle istituzioni, ma noi vorremo realmente creare una compagnia che dal Pagliarelli possa girare. Le attrici/detenute hanno risposto benissimo ai nostri stimoli e hanno una grandissima voglia di mettersi in gioco e superarsi, un’energia eccezionale da far venir fuori».
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