Le cabine di Mondello alla Mostra del Cinema di Venezia «Per gli affittuari rappresentano roccaforte del tempo»

Dalla Zisa a Venezia, dal Centro di Cinematografia dei Cantieri Culturali di Palermo alla sezione Fuori Concorso del più famoso festival al mondo: è il percorso del giovane regista palermitano Giovanni Totaro, che sbarcherà a fine mese al Lido della Laguna col suo lungometraggio documentario d’esordio. L’opera selezionata è Happy Winter (Buon Inverno), incentrata sulla spiaggia di Mondello e sulla costruzione delle celebri cabine che, seppur meno numerose di un tempo (oggi poco più di mille), continuano ad ospitare ogni anno i bagnanti che vi passeranno la stagione. Il film, selezionato nei giorni scorsi nell’ambito della 74esima Mostra Internazionale d’Arte  Cinematografica in programma dal 30 agosto al 9 settembre, trae spunto dalla rielaborazione e dallo sviluppo del brillante saggio di diploma con cui Totaro concluse a Palermo nel 2015 il suo triennio di studi in Cinema Documentario.

«Prima di divenire il lungometraggio attuale – spiega il regista 29enne – il mio lavoro ha avuto un suo percorso artistico/produttivo. Infatti il trailer che ho tratto dal cortometraggio, che possiamo considerare come un quaderno d’appunti per il lungo, è stato presentato in alcuni mercati internazionali: al MIA di Roma, dove abbiamo vinto il premio allo sviluppo del MISE, a HotDocs (Toronto) dove abbiamo vinto il premio del pubblico, al Milano Film network, dove abbiamo vinto i servizi per la post produzione oltre al premio in denaro. L’estate del 2015 è stata poi fondamentale per individuare i protagonisti e consolidare la ricerca filmata del 2014. Il cast è stato definito durante i rinnovi delle cabine ad aprile 2015, lì ho incontrato Giuseppe Comito e Tony Serio, rispettivamente il capo famiglia dei Comito e il politico candidato al consiglio comunale per le recenti elezioni amministrative di Palermo. Nell’estate scorsa ho infine incontrato Anna D’Acquisto, la terza delle tre donne protagoniste, con lei il cast è stato chiuso».

Il film è sostenuto dalla Sicilia Film Commission ed è stato prodotto da Indyca, Zenit e Rai Cinema con il sostegno del Ministero dei Beni Culturali, del MEDIA di Europa Creativa, il Piemonte Doc Film Fund. La società immobiliare Italo Belga ha offerto servizi per la troupe durante le riprese e assistenza in spiaggia. Il film è stato prodotto da Simone Catania e Francesca Portalupi, è stato montato da Andrea Maguolo mentre la fotografia è di Paolo Ferrari e il suono in presa diretta è di Adriano Alampi. È stato girato con una piccola troupe di 15 persone. Un lavoro di equipe che conferma come il cinema siciliano abbia le potenzialità per essere apprezzato in scenari nazionali ed internazionali, specie quando riesce a mantenere uno sguardo curioso sulla realtà e, come si diceva un tempo, glocal (globale e locale insieme). Percezioni confermate dallo stesso Totaro quando racconta la genesi del lavoro. I protagonisti sono persone che decidono di farsi riprendere nell’intimità familiare: c’è chi si indebita per fare le vacanze al mare e apparire benestante tra i bagnanti; ci sono tre donne che si abbronzano per sentirsi ancora giovani e diventare le star dell’estate, mentre nella stessa spiaggia un barista pensa a guadagnare più soldi possibili per superare l’inverno. Tutti aspettano la notte di ferragosto per vivere da protagonisti la fiera della vanità estiva e continuare a fare finta che la crisi economica non esista.

«La capanna diventa la casetta sull’albero sognata da piccoli – spiega il regista – il rifugio costruito in giardino o sul divano con cuscini e coperte. Un luogo magico seppur minuscolo, intimo nonostante sia circondato da decine di persone, quasi sacro ma avvolto dalla spensieratezza delle vacanze al mare. Di anno in anno gli affittuari hanno perfezionato l’allestimento interno tramandandosi modi e segreti dell’arredo, ogni suppellettile è conservata al termine della stagione estiva, al pari degli addobbi natalizi custoditi nel ripostiglio di casa in attesa delle prossime feste natalizie. Mantenere il villaggio per il popolo delle capanne  – continua – equivale ad assicurarsi l’emozione di sentirsi giovani, la certezza di ritrovare amici che durante l’inverno diventa difficile incontrare. Le capanne, come una roccaforte del tempo, rappresentano un’oasi sicura al riparo dalla crisi che priva lentamente la classe media dei traguardi raggiunti e dal timore sotterraneo di sentirsi inadeguati, impreparati davanti al nuovo, di perdere per sempre questo rifugio domestico per ritrovarsi spaesati, superati, peggio ancora, invecchiati».  

Andrea Turco

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