NON SOLO. STA VENENDO FUORI CHE ALCUNI ARTICOLI DELLA TERZA MANOVRA FINANZIARIA NON SAREBBERO STATI APPROVATI DALLE COMMISSIONI LEGISLATIVE DI MERITO. CORRETTAMENTE IL PRESIDENTE DI SALA D’ERCOLE, GIOVANNI ARDIZZONE, LI STAREBBE STRALCIANDO DALLA MANOVRA PER RISPEDIRLI NELLE STESSE COMMISSIONI DI MERITO
Ormai l’abbiamo capito tutti: la terza manovra finanziaria del Governo regionale di Rosario Crocetta, lungi dall’affrontare i temi spinosi dell’economia siciliana, altro non è che una sommatoria informe di affari, vendette trasversali, tentativi di penalizzare intere categorie sociali e via continuando. Il tutto in un quadro di illegalità parlamentare.
Di questa manovra – che il nostro giornale critica sin dalla sua genesi – non funziona la ‘filosofia’. Una manovra finanziaria, per definizione, deve provare ad affrontare i problemi economici e finanziari di una comunità. Una manovra finanziaria è come la Santa Messa: non può mai essere contro ‘qualcuno’.
Invece la manovra messa a punto dal Governo Crocetta da una parte foraggia una serie di ‘operazioni’ (incredibile la storia dei 13 milioni di euro erogati ai gestori – tutti rigorosamente privati! – dei centri di ricovero dei minori non accompagnati arrivati in Sicilia con i barconi: di questi si debbono occupare Stato e Unione europea, non certo la Regione con i soldi dei siciliani!); mentre dall’altra parte punta a colpire una serie di soggetti per fare ‘cassa’.
Il Governo, in particolare, punta a penalizzare i 24 mila operai della Forestale. Il problema è eminentemente elettorale. Con molta probabilità, i due assessori alle Risorse agricole di questo Governo – prima Dario Cartabellotta e poi l’attuale, Paolo Ezechia Reale – anche se per motivi diversi, hanno creato enormi danni a questo settore. E lo si è visto nella gestione approssimativa degli incendi che hanno funestato la Sicilia nelle scorse settimane.
Con molta probabilità, Cartabellotta l’ha fatto scientemente, con una riforma sbagliata del settore tesa a penalizzare i dipendenti di questo comparto. Mentre Reale – che a differenza di Cartabellotta non è stato scelto da Crocetta, ma fa capo ad Articolo 4 di Lino Leanza – ha ereditato solo le ‘rogne’ di questo assessorato, ma non la ‘polpa’ (Reale, ad esempio, non gestisce le centinaia di milioni di euro legati alla partecipazione della Sicilia all’Expo di Milano: ‘operazione’ che è rimasta nelle salde mani di Cartabellotta e, quindi di Crocetta e dei suoi accoliti).
Il risultato è uno scontro continuo tra Lino Leanza, capo corrente di Articolo 4, che in alcuni momenti sembra stare all’opposizione, e lo stesso Crocetta. Tutto questo non può non riflettersi sull’attività amministrativa. Soprattutto nel settore della forestale. Dove l’assessore Reale deve gestire gli effetti dell’errata riforma di Cartabellotta e le direttive del Governo che puntano a penalizzare gli operai della Forestale che, forse, non rispondono a un Governo regionale sempre più impopolare (il Governo Crocetta, insomma, non pensa di ricavare molto consenso dai forestali: da qui il tentativo di penalizzarli).
Lo stesso discorso vale per i dipendenti della Regione. Di fatto, in questa manovra sono state inserire norme che nulla hanno a che vedere con una legge finanziaria. Sono norme sostanziali che vanno a incidere sul funzionamento della pubblica amministrazione regionale, introducendo una sorta di asservimento strisciante dei dipendenti regionali al Governo.
Una riforma del genere – che è già sbagliata nella sua impostazione generale – andrebbe in ogni caso trattata come legge a se stante. Nel rigoroso rispetto dei pareri espressi dalla Commissione legislativa di merito. Non certo con approvazioni ‘tanto al chilo’ in una legge finanziaria!
Ma Crocetta – che persegue obiettivi che nulla hanno a che vedere con il buon andamento della pubblica amministrazione – sembra volere insistere. Finendo con lo scaricare sull’Assemblea regionale siciliana contraddizioni legate alla sua incapacità di governo.
Non convince nemmeno il prepensionamento dei dipendenti regionali. Ora c’è qualcuno che si accorge che c’è un problema di copertura finanziaria. La verità è che il Governo Crocetta vorrebbe mandare a casa un bel po’ di dipendenti regionali senza pagare i Tfr (Trattamento di fine rapporto). Perché i soldi per pagare queste liquidazioni non ci sono.
In queste ore febbrili tutto sembra stia tornando in discussione. C’è chi, addirittura, contesterebbe l’accordo tra il Governo regionale e il Governo nazionale. E’ l’accordo-capestro in base al quale il Governo regionale avrebbe ottenuto da Roma 550 milioni di euro in cambio della rinuncia ad alcuni contenziosi con lo Stato pari a una cifra che oscillerebbe tra i 5,4 miliardi di euro (secondo un documento che circola in Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars) e i 6 miliardi di euro (cifra fornita dal professore Massimo Costa, che nella vita fa l’economista).
Ebbene, c’è chi obietta che questi 550 milioni di euro “sporchi, maledetti e subito” non sarebbero in realtà disponibili. Insomma: Roma si sarebbe ‘beccata’ la rinuncia ai contenziosi e non ‘cacherebbe’ nemmeno questi 550 milioni di euro. Possibile?
Ci sarebbero anche ‘casini’ sui quasi 400 milioni di euro ‘raschiati’ dal Governo regionale nel Bilancio. Si tratta, per lo più, di somme impegnate nell’ultima manovra con articoli di legge impugnati dall’Ufficio del Commissario dello Stato.
In effetti queste somme sembravano destinate al fondo rischi, ovvero al fondo che dovrebbe essere appostato – su indicazione della Corte dei Conti – per fronteggiare il problema legato ai cosiddetti residui attivi: crediti aleatori, se non inventati, che la Regione, per anni, ha iscritto in Bilancio tra le entrate. Somme che, a partire da quest’anno, dovrebbero essere cancellate.
Ma per cancellarle, per l’appunto, ci vogliono i soldi: tutti o almeno una parte dei quasi 400 milioni che il Governo Crocetta ha invece inserito nella manovra per utilizzarli per altre finalità. Insomma, ‘bordelli’ su ‘bordelli’.
Il rischio è che l’Ufficio del Commissario dello Stato impugni ancora una volta la manovra.
Nota a margine
Altri – non noi – scrivono che sarebbero in corso trattative tra Governo, Ars e Ufficio del Commissario dello Stato.
Noi non lo scriviamo per un motivo: perché la Legge non consentirebbe a un controllore di trattare con un controllato.
La cosa, però, ci diverte alquanto. Nelle scorse settimane, dopo un barocco pronunciamento della Corte Costituzionale – che a quasi 70 anni di distanza annuncia di volersi occupare dell’Alta Corte per la Sicilia ‘inghiottita’ dalla stessa Corte Costituzionale alla fine degli anni ’50 del secolo passato e degli effetti di questa ‘indigestione costituzionale’ sull’Ufficio del Commissario dello Stato – alcuni ‘costituzionalisti’, un po’ improvvisati, anche se ‘titolati’, hanno detto che il pronunciamento della Corte Costituzionale ‘imbavagliava’ l’Ufficio del Commissario dello Stato, che non avrebbe più potuto impugnare le leggi approvate dall’Ars.
Pur senza essere ‘titolati’, né ‘costituzionaliti’ ci siamo permessi di scrivere che il pronunciamento della Corte Costituzionale a scoppio ritardato su una questione di quasi 70 anni fa non avrebbe cambiato nulla in termini di operatività dell’Ufficio del Commissario dello Stato.
I fatti ci hanno dato ragione: tant’è vero che una parte dell’ultima legge regionale è stata impugnata.
I fatti continuano a darci ragione, se è vero che il Governo Crocetta, che pensava di essersi sbarazzato dell’Ufficio del Commissario dello Stato, è ancora costretto a farci i conti…
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