Lavagne: un percorso drammatico attraverso l’Iran

Girato interamente nel Kurdistan, Lavagne si apre con l’immagine di un gruppo di maestri di scuola che si arrampicano su per i sentieri portando ciascuno sulle proprie spalle una lavagna.

Sono disoccupati e vanno alla ricerca di allievi in qualche sperduto villaggio, quando ad un tratto il rumore di un elicottero fa scappare tutti e disgregare il gruppo. Restano solo due insegnanti: il primo è Reeboir (Bahrman Ghobadi), il quale incontra alcuni ragazzi che trasportano merce di contrabbando tra Iran ed Iraq. Prova a convincerli dell’importanza di leggere e scrivere, ma loro sono solo preoccupati della loro sopravvivenza e non hanno tempo per altro.

 

Said (Said Mohamadi) è l’altro maestro che girovaga da solo con l’intento di trovare qualcuno disposto ad usufruire dei suoi servizi. La sua ultima speranza è rappresentata dall’incontro con un nutrito gruppo di uomini il cui unico desiderio è quello di tornare in Iraq per poter morire in pace. Un anziano in particolare ritiene di poter ritrovare la pace solo se la figlia vedova riuscirà sposarsi prima della sua morte: Said allora offre la sua lavagna in cambio della mano della donna la quale accetta la proposta nell’indifferenza più assoluta.

 

Il film, che si avvale di numerosi attori non professionisti che riescono a descrivere con gran naturalezza una condizione disumana vissuta da loro in prima persona, vuole ricordare la guerra tra Iran ed Iraq (1980-87), durante la quale numerosi anziani sono stati costretti a lasciare il loro paese natio al fine di trovare protezione in Iran.

 

Tutto questo è accaduto quando la regista non era altro che una bambina, ma quella esperienza nonostante tutto ha lasciato una traccia profonda dentro di lei, spingendola a  farne il soggetto del suo film.

 

Di certo restano impresse nella mente le prime immagini della pellicola nelle quali la ricerca di alunni da parte dei maestri diviene simbolica: la ricerca del perché della guerra, del perché di tutte quelle vittime innocenti il cui destino si è incrociato con la battaglia segnandone la vita irrimediabilmente. Inoltre il ritmo ossessivo di parole e frasi che si ripetono ansiosamente sembrano quasi rappresentare tutte le domande inespresse di un popolo tragicamente inascoltato che continua ad andare avanti nonostante tutto,coltivando la speranza di un futuro meno difficile.

Daniele Giuseppe Bazzano

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