Vibra tutto in piazza Università quando la lancetta del palazzo centrale dice l’una del mattino. Una musica che da dentro gioca di bassi e di frequenze alte, ma anche di un’amplificazione sbilenca. Quando entro attraverso la porta di ferro del Rettorato, c’è un lungo tavolo di legno con birre in vendita e c’è una folla che forma una mischia bellissima, se consideriamo che quel luogo non ne ha mai ospitato di simili. Ricordo quando ci andavo per seguire le lezioni: storia, spagnolo. Ma quelle erano folle diverse, frettolose di scappare una volta finito l’orario. Questa invece resta e balla, tra le colonne, gli splendidi pavimenti del cortile, con un cielo a gomitoli rossi, con i drappi che vengono giù dall’alto e che richiedono attenzione, rispetto, considerazione. Striscioni che sono il cuore di quest’Onda, dipinti a mano, alcuni che mostrano il “grafico” dell’andamento dell’università italiana, un crack, altri che puntano direttamente al nocciolo del problema: “Si può vivere meglio di così?”.
Nel frattempo la Chiave s’era svuotata, anche la Scalinata, l’Ostello e persino l’Auro aveva perso i suoi proverbiali aficionados. Tutti erano dentro al Rettorato a ballare. C’erano molte kefie luccicanti e poco sincere, c’erano tanti volti puliti e, invece, sincerissimi. C’erano i giocolieri che cercavano di raggiungere il cielo con le loro palline di gomma e con gli occhi di quelli che stavano lì ad ammirare le loro balistiche. C’erano tanti corpi slegati, liberi, in fibrillazione per quello che verrà ricordato da loro come l’autunno migliore della loro vita. E dopo molto reggae rivoluzione, “Bella ciao” giunge nelle casse a far saltare tutti. La versione della Bandabardò un po’ frettolosa e miliziana. “Arrivano” anche gli Offlaga Disco Pax con la loro toponomastica rossa. E suona anche qualche 99 Posse d’annata per quella che è una grande festa pacifica. Nessun “servizio d’ordine”, nessuna catena o lucchetto, con un paio di agenti della Digos fuori, è vero, ma giusto a dare una sbirciata e una velata controllatina. E i cani randagi dormono nonostante tutto il rumore, il buio è sempre lì. La linea dell’elettrocardiogramma della città fatica a dare segnali elettrici, c’è spazzatura dappertutto. Verso le 2, si incrocia qualcuno che andrà “al rettorato a vedere quello che succede”. Un defibrillatore umano, una scossa, un buon motivo per restare.
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