L’area attrezzata di Cosa nostra a Santa Cristina Gela «Servono i contributi, non possiamo usare soldi nostri»

Tavoli da pic-nic in abbondanza, spazio per posteggiare le auto, ben dodici gabinetti e persino l’acqua diretta, quella del Pianetto. Aveva pensato a tutto, Salvatore Tumminia, per il nuovo affare su cui aveva messo le mani la scorsa estate. Arrestato ieri con l’accusa di essere a capo della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno, si stava muovendo per realizzare una struttura ricettiva per turisti nella vicina Santa Cristina Gela. Un’idea che, però, non è stata sua. A proporglielo, infatti, sarebbe l’«ex direttore, il geometra della forestale». Cioè un ex dirigente dell’ufficio Direzione foreste dell’assessorato regionale Agricoltura e foreste. «Vuole fare un’area attrezzata nella pista dei go kart come questa che è fianco. Dice “io ti finanzio e il direttore fa uscire a mia suocera in banca”». Cioè, nel racconto di Tumminia, che non sa di essere intercettato, sarebbe questo ex dirigente a proporgli l’affare, dopo che era venuto a conoscenza che metà del kartodromo di contrada Pianetto era riconducibile alla suocera del presunto boss. Suocera che sarebbe risultata, poi, la prestanome di tutta l’attività.

Per questo, attraverso un cugino che lavora in Comune, Tumminia avrebbe cercato di ottenere anche il «certificato urbanistico» della suocera. Cioè il certificato di destinazione urbanistica, quel documento che viene rilasciato dall’ufficio tecnico comunale contenente le indicazioni urbanistiche che riguardano il terreno interessato dal certificato. Basta questo, due marche da bollo, un versamento di poco più di quindici euro, la copia della carta d’identità e la firma della legittima proprietaria, et voila. Ma avere quel certificato urbanistico non sembra così semplice. «Per darmelo gli occhi di fuori mi stanno facendo uscire, fanno come i cani», spiega lo stesso Tumminia al telefono con uno zio materno, operaio stagionale della Direzione foreste. Sarebbe proprio lui il tramite tra il presunto capomafia di Belmonte e il geometra che ha avuto l’idea dell’area attrezzata. Un tramite per interloquire e fare affari senza destare strani sospetti. È quindi questo zio che dovrebbe prendere un appuntamento perché i due si incontrino, «che gli devo spiegare un discorso dell’asilo pure, e ci parliamo belli sistemati – dice intercettato Tumminia -. Lo so che gli devo prendere qualche dieci euro di liquore. L’appuntamento lo prendi qua, al Lucky bar, così siamo vicini vicini». Ma che c’entra un asilo con l’area turistica?

A giudicare da quanto emerso dalle indagini, sembra che Tumminia, sempre più preso dal progetto, avesse pensato di allargarlo, facendo realizzare anche uno spazio didattico, pensato per poter accedere ai fondi a sostegno di queste iniziative economiche. Nel frattempo, però, malgrado il doppio filtro di conoscenze comuni usato fra il presunto boss e l’ex uomo della forestale, i due si incontrano il pomeriggio del 16 ottobre scorso, un incontro finalizzato a gettare le basi del loro accordo. «Ti sei sistemato, almeno lavori?…forestale?» gli chiede subito il geometra. «No, non mi potevano fare niente, ci sono altre persone combinate come me che sono ancora in servizio – gli spiega Tumminia -, siamo sedici in tutta la Sicilia combinati così, due a Belmonte addirittura». Un discorso che fa riaffiorare alla mente del geometra un ricordo di quando lui era ancora in servizio: «Qualche anno fa c’era un operaio di San Giuseppe Jato che lavorava là», «Te l’ho mandato io e ti mandavo i saluti con lui», lo interrompe subito Tumminia. A riprova, come sottolineato dagli inquirenti, del suo coinvolgimento attivo nelle dinamiche dell’ufficio forestale di Belmonte Mezzagno. Dopo i convenevoli, però, è il momento di entrare nel vivo del discorso, del motivo che li ha portati a incontrarsi in quel bar di Bonagia.

«Per cominciare si può fare la qualsiasi – dice il geometra guardando le carte del terreno di Pianetto -. Gli edifici sono di agricoltura e di carattere rurale, 44 ettari e già tu c’hai verde agricolo, le abitazioni, agriturismo…si può fare la qualsiasi facendo una certa razionalità e con una certa intelligenza l’impostazione generale. È molto versatile la situazione, con questo certificato di destinazione urbanistica. Puoi partire dalla fattoria didattica e andare in giro per tante altre cose. Eventuali terreni nudi si possono anche rimboschire, migliorare, nell’ambito dell’agriturismo ci puoi infilare la qualsiasi – dice -. C’è tanto da lavorare, l’unica cosa che chiedo è di lasciarmi adesso il tempo di capire, verificare, tra l’ufficio, il territorio, tra altre istituzioni. Per avere attraverso la mia esperienza un quadro generale, perché è chiaro che si devono prendere i contributi, non è che…», «non è che lo possiamo fare con i nostri soldi – lo interrompe prontamente Tumminia -, tutto il discorso la è». E poi c’è la faccenda di quell’asilo, e per parlare di questo particolare aspetto del progetto ha portato con sé a quell’incontro anche la cognata, che a Belmonte ha una sorta di scuola dell’infanzia privata. «È una cooperativa sociale, i soci sono sempre in famiglia però – spiega lei al geometra -. La struttura è nostra, ma l’unica pecca è che non abbiamo lo spazio esterno, questo ci penalizza, vorremmo cambiare struttura».

Anche perché, precisa meglio lo stesso Tumminia, «lo dobbiamo fare perché suo marito ha poco lavoro, dobbiamo cercare di fare qualcosa». Sistemare la famiglia, insomma. È questo che intende, «pensare al nostro benessere». L’ex dirigente della forestale capisce benissimo. «Lasciatemi il tempo, qualcosa la partoriremo…in maniera sistemata», dice rassicurando tutti. «Lo dobbiamo fare anche perché in prospettiva futura…mia cognata ha due figli maschi, io tre, noi gli dobbiamo dare una…io ho cercato te per dargli una regolata, in prospettiva futura partiamo da una base e dobbiamo cercare di acchiappare come dici tu…piano piano tutto – spiega Tumminia -. Io mi sono fermato, ti ricordi che prima avevo tutte queste idee? Mi sono fermato da quando sono andato in galera. Ho portato loro, così ora loro s’indirizzano…». Il presunto boss, quindi, dopo «dieci anni squagliati in prigione», vuole guardare al suo futuro e a quello della sua famiglia. Sembra, però, finendo per fare i soliti sporchi affari. «Danno un mare di soldi – dice ancora al geometra -, facciamo lavorare, se mi domanda, a qualche amico che dobbiamo fare… Voglio fare un allevamento di api». Pensa proprio in grande. Ma l’ex dirigente tenta di tenerlo coi piedi per terra, senza però tarpargli troppo le ali. Limitandosi a tirare in ballo i dati, i parametri, la fattibilità, le attrezzature. «Più le cose sono difficili più io mi ci trovo», conclude poi il funzionario in pensione.

Semmai ce ne fosse stato uno, adesso non esiste più alcun freno alle fantasie di Tumminia. «Non manca niente e ci sono punti bellissimi dove si può lavorare», dice. E sembra esserci davvero molto in favore del progetto. Persino il fatto di aprire l’eventuale fattoria didattica ai bambini con disabilità, così come già accade nell’asilo privato della cognata, potrebbe significare ulteriori vantaggi: «Questo fattore potrebbe accelerare…perché sono punteggi questi, si dà spazio anche a questo genere di attività, di aiuto e di conforto alle famiglie. Cioè – spiega il geometra – noi dobbiamo giostrare i finanziamenti, che vengono fatti in base a graduatoria su punteggio. Più noi abbiamo la possibilità di inserire attrazione per il sociale, più aumenta il punteggio e più c’è possibilità di avere finanziamenti nei tempi giusti». Nell’idea del geometra, i fondi sarebbero stati probabilmente quelli della misura 4.4 c, un particolare fondo previsto per il 2019/2020 dall’Ars (Programma di sviluppo rurale della Sicilia) con una copertura finanziaria di 30milioni di euro, con intensità del sostengo pari al cento per cento delle spese sostenute.

Tumminia è entusiasta: il geometra, malgrado non sia più in servizio, avrebbe mantenuto la disponibilità di sempre. Niente a che vedere col nuovo direttore dell’ufficio, «un bonaccione, mi telefona ogni giorno – rivela -, ha problemi a Belmonte, tu lo sai com’è…voleva una mano d’aiuto». «Tu però non ti devi esporre – lo ammonisce subito il geometra -, se non siamo punto e a capo. Lui le sue controversie se le deve risolvere da direttore dei lavori….è direttore dei lavori per figura». Parola di uno che, nel 2011, insieme ad altri colleghi era finito nel mirino degli inquirenti per una riserva fantasma a Piana degli Albanesi dove, malgrado i fondi ottenuti, non erano stati realizzati i progetti presentati. L’incontro finisce e i due si congedano, con la promessa di aggiornarsi e rivedersi a breve. Non del tutto consci, probabilmente, che quel progetto in grande stile in contrada Pianetto non si realizzerà mai.

Silvia Buffa

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