L’anfiteatro romano è a rischio collasso «Tra le cause c’è il giardino di villa Cerami»

Acqua che cade dal soffitto, puzza di fogna e strutture di supporto fatiscenti. Così si presenta quella parte di anfiteatro romano di Catania che quasi nessuno ha mai visto. Una delle maggiori arene del perimetro dell’impero romano, costruita tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo, è oggi ridotta come e peggio di una casa abbandonata. Lo spettacolo è quello che ci si trova davanti dopo aver superato il cancelletto che divide la porzione visibile da piazza Stesicoro – e visitabile da cittadini e turisti – dalla maggior parte della struttura. Chiusa da sempre, almeno in tempi moderni, per questioni di sicurezza che coinvolgono privati cittadini, ma anche le maggiori istituzioni etnee: il Comune, la curia, l’università. E il Parco archeologico greco-romano di Catania, responsabile del bene.

«Il problema principale dell’anfiteatro è che sorregge un intero quartiere di Catania sulle sue spalle – spiega Fabrizio Nicoletti, archeologo e responsabile della comunicazione del Parco archeologico – Solo che con il tempo ci si è dimenticati di cosa stava sotto». Palazzi sempre più alti e più pesanti che oggi, in alcuni casi, poggiano su nient’altro che terra. A questo si aggiunge poi la presenza degli scarichi fognari, responsabilità del Comune di Catania. Qualche scolo, ma soprattutto consistenti trasudamenti che hanno fatto rigonfiare le pareti, con effetti sconosciuti sulla malta che tiene insieme l’edificio. E ancora una passerella in mattoni forati, di pertinenza della chiesa di San Biagio, proprio sopra una delle aperture verso il cielo dell’anfiteatro. Dalla struttura, «assolutamente abusiva», chiarisce Nicoletti, cadono dentro al bene romano calcinacci e spazzatura.

Ma anche acqua e qualche pietra. Come quelle che provengono da villa Cerami, sede del dipartimento di Giurisprudenza dell’ateneo catanese. «Negli anni ’90 ci si accorse di un cedimento in quel punto e venne installata una struttura in tubi innocenti», spiega Nicoletti. Struttura che però, più di vent’anni dopo, si presenta ormai arrugginita e poco solida.  «L’anfiteatro è in fase di collasso», ammette l’archeologo. Proprio sotto al giardino della villa che ospita il dipartimento universitario e alle sue ex scuderie, oggi sede di un’aula multimediale e alcuni uffici, «a settembre 2013 è avvenuto un crollo», dice l’archeologo, indicando un piccolo cumulo di macerie. Appena sopra, dei tubi in pvc scaricano l’acqua proveniente dalla facoltà proprio dentro l’anfiteatro. «Quel giardino, che non era previsto nella struttura originaria della villa, pesa troppo. Ma tutti sanno tutto e nessuno fa niente», denuncia Nicoletti.

Non sembrano essere servite le numerose lettere indirizzate al dipartimento – e una anche al rettore in persona – e nemmeno la visita di un tecnico di Unict. «Se ci sono problemi, che ce lo dicano. Da parte nostra c’è massima disponibilità – risponde dal canto suo il rettore Giacomo Pignataro  La struttura di tubi non è nostra e in ogni caso a noi non risulta che ci siano problemi di sicurezza. In caso contrario sarebbe la nostra prima preoccupazione, ma io stesso ho chiesto informazioni e ricevuto rassicurazioni dalla sovrintentende etnea». Fulvia Caffo, che ricostruisce così il colloquio con il Magnifico: «Ho detto al rettore di aver già inoltrato alla Regione siciliana una richiesta di manutenzione dei tubi con somma urgenza. È chiaro che, maggiore è la manutenzione, maggiore è la sicurezza». La stessa versione in positivo sostenuta dal Parco con il ragionamento opposto.

Così uno dei più importanti beni archeologici di Catania si ritrova in una situazione degna del più litigioso dei condomini. La cui prima vera riunione – a cui tutti i soggetti coinvolti hanno confermato la presenza – sarà tra qualche giorno. Ma che si prospetta già solo una di una lunga serie. «Il primo passo per risolvere un problema è ammettere di averlo – conclude Fabrizio Nicoletti – e Catania deve ancora ammetterlo».

Salvo Catalano

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