Lampedusa e Linosa, torna l’aliscafo non i turisti Tra «terrorismo mediatico» e «zero programmi»

L’aliscafo è tornato a collegare Lampedusa e Linosa a Porto Empedocle. Dallo scorso sabato, 25 luglio, il collegamento veloce è nuovamente garantito dalla compagnia trapanese Ustica Lines. Si mette così la parola fine a mesi di proteste da parte dei residenti delle isole delle Pelagie. «Siamo soddisfatti a metà, visto che la stagione estiva è ampiamente inoltrata», spiega Cristina Errera, portavoce del comitato dei cittadini di Linosa che negli ultimi mesi hanno lottato, riuscendo a portare alla ribalta nazionale il loro isolamento, anche grazie a un’efficace campagna sui social network. «Ma è servito l’intervento del ministro Delrio – sottolinea Errera – a cui avevamo inviato diverse lettere, per risolvere il problema. Se fosse stato per la politica regionale…». 

Per gli abitanti della piccola isola adesso non serviranno più sette ore per raggiungere la Sicilia. E anche per Lampedusa, che dispone comunque dell’aeroporto e per questo ha risentito meno del servizio inefficiente, si aggiunge un’alternativa ai collegamenti. Il servizio sarà effettuato lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica fino al 10 settembre. Ma questo non basta per risollevare una stagione turistica che continua a registrare dati negativi. «Linosa turisticamente è morta – denuncia il presidente di Federalberghi delle isole Pelagie, Gian Damiano Lombardo – perché non ha alternative al collegamento in aliscafo. Ormai è tardi, non aver previsto questa situazione in tempo utile è da irresponsabili e la colpa è della politica che adesso dovrebbe provvedere a dare un risarcimento alla piccola comunità». Difficoltà confermate da Errera, studentessa che a Linosa ci vive da pendolare. «I turisti che prenotano la vacanza a maggio hanno escluso Linosa, non essendoci notizie certe sui collegamenti. D’altronde – continua – se le agenzie non possono garantire la presenza di trasporti efficienti, non promuovono la nostra isola».

Ma anche a Lampedusa il turismo non decolla. Secondo i dati forniti dalla Federalberghi locale, rispetto alla situazione precedente al 2011, anno in cui l’isola è stata colpita da una massiccia ondata migratoria, le presenze turistiche si sono ridotte del 60 per cento. E nell’ultimo anno gli albergatori denunciano un’ulteriore riduzione del 40 per cento. Il tutto nonostante la gestione dei migranti sia totalmente cambiata e Lampedusa non è più lo scoglio di approdo per tanti disperati. Rimane il centro di prima accoglienza che riceve un numero contenuto di profughi e che viene usato solo come luogo di passaggio per qualche giorno. «Eppure – denuncia Lombardo – il terrorismo mediatico di questi anni continua ad avere effetti deleteri e Lampedusa continua a essere vista come un posto poco sicuro. Anche quest’anno – precisa – tra gennaio e aprile, quando la gente sceglie dove andare in vacanza, le notizie provenienti dalla Libia e dalla Tunisia ci hanno penalizzato». 

Nella principale delle isole delle Pelagie c’è anche chi non si limita a dare la colpa del costante calo di turisti ai media e all’immigrazione. «È vero – ammette Giacomo Sferlazzo, portavoce del collettivo Askavusa (a piedi scalzi in dialetto siculo) – l’immaginario collettivo è di un’isola poco sicura, ma qui manca una programmazione culturale, un coordinamento delle iniziative turistiche, un tentativo di destagionalizzazione e c’è anche scarsa pulizia. Offriamo il mare più bello del mondo, ma forse non basta». E poi c’è il problema dei collegamenti. Di fronte alla Regione Sicilia che taglia i fondi e alle resistenze delle compagnie private, Askavusa sta studiando un piano per fondare una cooperativa e avventurarsi nell’autogestione del servizio di trasporto con aliscafi. «Grazie all’aiuto di economisti locali – racconta Sferlazzo – stiamo studiando i bilanci delle compagnie che finora hanno effettuato la tratta e, dai primi dati, diciamo che si può fare, vogliamo calcolare costi e benefici di un progetto simile, non per lucrarci ma anche per andare in pareggio, però garantendo un servizio efficiente e, possibilmente, a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati adesso». I membri del collettivo sembrano avere le idee chiare. «Se d’inverno l’utenza si riduce dell’80 per cento – sottolinea – la Regione deve fare un bando che sia aderente alla realtà». Quello che al momento sembra solo un sogno, verrà approfondito nella stagione invernale. Con l’obiettivo di arrivare all’estate 2016 con un’alternativa concreta in caso di nuovi e temuti disservizi. 

Salvo Catalano

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