La voce dei devoti di Sant’Agata sulla guerra del cordone «Quando arriva la decisione del capovara va rispettata»

«Il capovara ha preso delle decisioni corrette esclusivamente per una questione di sicurezza. Non è stato compreso da tutti perché ci sono i veri devoti e i finti devoti». È un giovane ragazzo catanese a tracciare una netta linea di demarcazione della devozione. Un’immagine che ricorda la guerra del cordone dello scorso 6 febbraio quando, dopo la scelta del maestro del fercolo Claudio Consoli di non procedere per la salita di Sangiuliano, si sono registrati momenti di tensione con il cordone praticamente diviso in due: parte alta e parte bassa, con devoti che cercano di tirare da parti opposte. È questo il motivo che ha portato poi all’ulteriore scelta di staccare il cordone per permettere alla santa di rientrare velocemente in Cattedrale. Nel giorno dell’ottava della festa della patrona della città di Catania, i cittadini si dividono ancora una volta. La voce del popolo è che il capovara abbia fatto «una cosa bene», dice un signore con un italiano un po’ stentato, a non rischiare facendo la salita che «nemmeno si vedeva perché c’era un tappeto di persone». Qualcuno, pur essendo in linea di principio d’accordo lamenta che «staccando il cordone è sembrato come se il capovara, che rappresenta tutti noi cittadini, si sia dissociato dal popolo».

«Speriamo che non si prendano il vizio di non volerla più fare», riflette a voce alta un anziano devoto con indosso il tradizionale sacco bianco. Mentre per un giovane le misure straordinarie prese quest’anno per motivi di sicurezza potrebbero essere «un insegnamento per fare in modo che, nei prossimi anni, non si verifichino più fatti del genere». Alcuni devoti inginocchiati davanti al fercolo per provare a fare in modo che non si muovesse dall’angolo dei Quattro canti. «Quando arriva la decisione del capovara va rispettata». Decisione, peraltro, arrivata dopo che Consoli per cinque volte è sceso dal fercolo per provare a mediare e convincere alcuni ad allontanarsi dal cordone. «Staccando il cordone il capovara, che rappresenta tutti i scittadini, ha dato l’impressione di essersi dissociato dal popolo, non ha ascoltato le nostre idee», lamenta una giovane devota. Mentre per un altro cittadino catanese che ha vissuto la festa dall’inizio alla fine, tra devozione e folklore, «come si dice a Catania: “Ogni impedimento è giovamento“. Meglio che non si sia fatta quella salita perché sarebbe potuto succedere qualcosa di grave». Il riferimento è a quanto accaduto nel 2004, quando lungo quella strada particolarmente pericolosa – che all’epoca ancora veniva percorsa correndo – perse la vita, travolto dal fercolo, il giovane Roberto Calì.

«Durante la processione, ogni anno io indosso il sacco, i paraocchi e prego – afferma una signora – Che Sant’Agata e il Signore li perdonino per il gesto che è stato fatto», aggiunge la donna riprendendo le parole pronunciate ieri, dentro una Cattedrale gremita, durante l’omelia dall’arcivescovo di Catania, Salvatore Gristina. «Chi ha sbagliato se ne renda conto, se ne penta, chieda perdono al Signore, si scusi con Sant’Agata e con la comunità». Intanto, la procura etnea ha aperto un’inchiesta sul cambio di percorso del fercolo e delle reliquie di Sant’Agata. E degli accertamenti sono in corso anche per un presunto giro di scommesse clandestine sugli orari degli spostamenti della processione. Nei confronti del maestro del fercolo Consoli e del parroco Scionti, il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica – presieduto dal prefetto Claudio Sammartino – ha confermato la vigilanza leggera

Marco Militello

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