«Sono dieci anni che ci promettono di dover autorizzare le residenze e di darci tutti i diritti che ci spettano, ma ancora attendiamo e non sappiamo più a chi rivolgerci». A parlare a MeridioNews con un tono quasi rassegnato è Rosaria Cardaci. Ha 24 anni e, con la sua famiglia, abita nel palazzo di via Pandora, a Partanna, che ospitava gli ormai ex locali della casa di riposo Onpi (opera nazionale pensionati d’Italia). Le famiglie che da oltre dieci anni hanno occupato gli appartamenti sono 57. Di queste, nonostante il Comune abbia più volte riconosciuto lo stato dei residenti, solo dieci hanno ricevuto i documenti che attestano la residenza. Per gli altri, invece, l’odissea continua. «Vivo nell’appartamento con la mia famiglia e mio figlio di quattro anni – racconta Rosaria – Durante le elezioni sono venuti tanti politici, compreso l’attuale sindaco, a prometterci che ci avrebbero riconosciuto la residenza. Ma finora nulla di tutto questo è accaduto».
Non avere riconosciuta la residenza significa non soltanto continuare a essere abitanti abusivi degli appartamenti, ma anche non poter godere di diritti fondamentali e di sussidi, come il reddito di cittadinanza, che in certe situazioni possono rappresentare l’unico sostegno. «Senza residenza non posso avere diritto ai bonus per mio figlio – continua la donna – Sono separata e non avere sostegni influisce, perché attualmente lavoro per 250 euro al mese. Con gli anni abbiamo fatto in modo di ristrutturare l’appartamento di sana pianta. Nel frattempo abbiamo visto che la residenza è stata data soltanto ad alcune persone che avrebbero gravissime necessità. Noi siamo stati tagliati fuori. Dopo le promesse, Orlando dovrebbe firmare la delibera sindacale come ci aveva detto in campagna elettorale».
Nel palazzo dell’ex Onpi in questi anni è stata regolarizzata la distribuzione della corrente elettrica. Prima accadeva che qualcuno si attaccasse all’energia pubblica. Sempre da quanto raccontato, alcuni inquilini hanno deciso di appoggiarsi ai familiari per avere la residenza, così da poter accedere ad alcuni servizi essenziali e avere i documenti come la carta d’identità. La situazione vissuta dai 57 nuclei familiari dei locali ex Onpi è condivisa anche dagli abitanti degli edifici di proprietà del Cep (Coordinamento di edilizia popolare).
La sigla sindacale Sunia – organizzazione degli inquilini privati e degli assegnatari di edilizia pubblica – da anni si occupa dei disagi vissuti dai residenti. Zaher Darwish è il segretario provinciale della sezione di Palermo e da tre anni organizza presidi a fianco agli inquilini. «Oltre alla perdita di alcuni sostegni, senza residenza vengono a mancare i diritti fondamentali come quello del voto. I soggetti vengono resi irreperibili – sottolinea Darwish – Non si possono avere alcuni servizi legati all’assistenza medico sanitaria e nemmeno ai sostegni per minori. Tra queste persone c’è anche una ragazza madre che rischia di perdere l’affidamento del figlio. Ingaggiamo anche liti quotidiane pur di fare avere a questi cittadini i buoni spesa».
Gli appelli del sindacato alle istituzioni sono stati numerosi. «Aspettiamo che il sindaco si scomodi – osserva il sindacalista – Avevamo raggiunto un accordo con l’amministrazione comunale per un riconoscimento trentennale di questi spazi alle famiglie, che attualmente sarebbero abusive. Avevamo pensato a un progetto di riqualifica, a cui si era aggiunto un accordo col Comune. A queste parole, però, non sono giunti atti formali. Un mese fa l’ultima promessa». Uno dei tanti presidi il Sunia lo aveva fatto a luglio dell’anno scorso davanti all’ufficio del vicesindaco Fabio Giambrone, che detiene anche la delega all’Anagrafe. A quell’ultimo atto, da quanto sostiene il sindacato, l’amministrazione aveva assicurato che entro novembre si sarebbe sbloccato il rilascio dei documenti. Il prossimo 29 giugno, Sunia e i residenti andranno a protestare davanti alla sede della Regione Siciliana.
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