La storia di Annarita Sidoti al cineteatro Colosseum «Lavorare a questo film è stato come averla accanto»

«La prima cosa che colpisce tutti è il fatto che, pur non essendo siciliani, abbiamo realizzato questo documentario sulla vita di Annarita Sidoti. Ma lei e la sua storia appartengono a tutti». E ha ragione il giovane regista Giuseppe Garau, sassarese di origine ma torinese d’adozione, che firma questo film con il giornalista Goffredo D’Onofrio. Insieme ieri sera si sono prestati al dibattito col pubblico seguito alla proiezione del loro docufilm Una storia semplice al cineteatro Colosseum di Bonagia. Non è un benvenuto caloroso, però, quello che gli riserva Palermo. La scarsa partecipazione da parte del mondo dello sport cittadino è il dato che forse colpisce di più. Fatta eccezione per Nicola Torregrossa, ex marciatore palermitano in attività proprio negli anni in cui gareggiava Annarita Sidoti. A sedere in platea sono pochi appassionati, tra questi anche ex atlete che hanno gareggiato con lei e gente che Annarita l’ha conosciuta davvero e che conserva gelosamente il ricordo di quella donna così minuta ma agguerrita, che marciava lungo la statale 113 scansando le macchine, avanti e indietro.

Il rammarico per quelli che hanno deciso di non esserci, però, sparisce subito. I 50 minuti di proiezione scorrono nel silenzio e nella commozione generale. E la voglia che si riaccendano presto quelle luci per poter dare libero sfogo al turbinio di emozioni che il film innesca è più forte di tutto. A luci riaccese infatti sembrano sparire anche i posti vuoti. Il calore e la partecipazione dei presenti riempie subito l’intero teatro. «Ci siamo avvicinati a questa atleta e alla sua storia quasi per caso, così come per caso lei aveva scoperto la marcia diventandone una campionessa indiscussa», dicono subito gli autori. Ma raccontare la grandezza di una donna come Annarita Sidoti non deve essere stato compito facile, soprattutto per due giovani che non l’hanno conosciuta di persona, ma solo attraverso i racconti di chi l’ha vissuta. Ad aiutarli sono state anche le numerose foto che il marito Pietro ha affidato loro. Scatto dopo scatto tutto sembra essere venuto da sé. «Montare questo docufilm è stato facile, immediato, quasi spontaneo, ogni incastro ha trovato da solo il proprio posto – spiega Garau – Non mi sono sentito di dirlo ai familiari di Anna, non volevo sembrare inopportuno o arrogante, ma durante tutto il lavoro di montaggio mi è sembrato di averla accanto, di avvertire la sua presenza».

Presenza che, tuttavia, nel prodotto finale volutamente manca. «A parlare sono sempre le persone che l’hanno conosciuta e vissuta, dal marito alle compagne di raduno, fino allo storico allenatore – dicono gli autori – Non ci sono mai delle interviste di Anna, non c’è la sua voce, perché volevamo restituire la sua assenza, ecco perché la scelta di montare insieme le sue foto, che immortalano proprio questa mancanza, l’essere stata prima e il non essere più adesso». Scelta che supera la prova del pubblico, conquistato dalla proiezione sotto ogni punto di vista. I pochi palermitani infatti che siedono in sala danno subito prova del loro gradimento. E a conquistare è stato il risultato: da Una storia semplice è emersa la donna ancora più dell’atleta. Si è riusciti, senza alcuna malinconia o artificio smielato, ad andare oltre quel metro e cinquanta che ha marciato in tutto il mondo facendo qualcosa di gigantesco. Dei suoi sacrifici non sono arrivati dolore e rinunce, ma la voglia di fare, il successo non solo della riuscita ma del mettersi in gioco sempre, nello sport e ancor più nella vita.

«Siete stati molto bravi a far emergere tutto questo – dice commosso uno spettatore – Non è un film triste, malgrado sia raccontata anche la malattia di Anna. È un film pieno di gioia, che trasmette solo cose belle». Tra il pubblico c’era anche Nicola Siracusa, storico tecnico del Cus Palermo, che con Sidoti ha anche condiviso proprio i momenti di allenamento e delle gare, e che ha sottolineato l’importanza dell’educazione allo sport, che oggi manca: «Non ci sono impianti adeguati. Non c’erano quando si allenava lei e non ci sono ancora oggi – dice – Le scuole non sono attrezzate, i ragazzini crescono senza comprendere l’importanza dello sport e di quello che inevitabilmente insegna». Un aspetto importante, questo, sul quale si potrà tornare a riflettere, dal momento che il docufilm, nel suo tour, sta girando soprattutto le scuole, riscuotendo molto successo anche tra il pubblico dei più piccoli, attratti dalla storia di questa piccola grande donna. Annarita Sidoti se ne va il 21 maggio 2015 a 45 anni, potrebbero sembrare davvero pochi, se non si fosse trattato di una donna che ha vissuto così pienamente da aver sicuramente trovato il senso di questa, seppur breve, grandiosa esistenza.

Silvia Buffa

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