«Volete sapere il mio status attuale di calciatore? Potete scrivere che Rosario Coco attualmente sta combattendo con un’ernia al disco, ma sta già pensando alla preparazione di settembre e non si ritirerà fino a quando un calciatore professionista non avrà avuto il coraggio di fare coming out». Queste parole arrivano a metà conversazione, quando raggiunto da MeridioNews il calciatore catanese, ma trapiantato a Roma da 15 anni, descrive la sua condizione atletica. Coco ha superato i 35 anni, gioca nella Seconda categoria laziale con l’Atletico San Lorenzo e di ritirarsi non ne vuole sapere. Attualmente è il primo giocatore in un torneo di Figc ad aver dichiarato la propria omosessualità. «Il primo, ma non l’unico calciatore a essere omosessuale», ribadisce. Perché il punto su cui vuole far leva Coco è proprio la difficoltà a superare quello che nel calcio è ancora un tabù. «Rispetto al 2014, quando ho fatto coming out, adesso le cose sono un po’ diverse e si può osare di più – commenta – Ma si devono mettere i calciatori nelle condizioni di farlo: ci sono diverse campagne di sensibilizzazione e antirazziali promosse dalla Uefa e dalla Figc, ma in pochi prendono una posizione netta nel momento in cui dovrebbero farlo. Con gli altri attivisti del mondo Lgbtiq vogliamo sottolineare che esiste uno sport inclusivo, che unisce e che è pronto ad accogliere omosessuali e transgender».
Coco ha iniziato a coltivare la passione per il calcio a Catania, nei campi di calcio dei salesiani, passando per Pisa per poi approdare a Roma. Oggi si occupa di consulenza e progettazione. Da quando, a 29 anni, ha deciso di dichiarare il proprio orientamento sessuale ai compagni di squadra, il terzino non ha mai messo da parte l’attivismo. Oggi è segretario della rete Gaynet, fondatore della Roma Lupi Outsport, squadra di calcio a 5 gay friendly, formata da omosessuali ed eterosessuali e fa parte di Lgbt Aics (associazione italiana cultura sport). Tra un calcio al pallone e l’impegno sociale, Coco ha scritto un libro dal titolo Storie fuorigioco, dove si narrano esperienze di calcio che passano dall’inclusione. Nel 2019 è arrivata l’unione civile col suo compagno: nella cerimonia qualcuno aveva provocatoriamente detto di voler invitare Joe Biden. «Quando ho fatto coming out è capitata l’occasione – racconta – Un mio compagno di squadra aveva detto di andare a trans e uno ha cercato di prenderlo in giro. Quando questo si è rivolto verso di me per cercare di essere assecondato e chiedermi cosa ne pensassi, io non ho detto nulla, anzi ho risposto che quello poteva fare ciò che voleva. È stata una liberazione, ma devo dire che ero già ampiamente inserito nel mondo dell’attivismo, avevo partecipato alla campagna per il gay pride a Roma. I miei compagni di squadra attuali – prosegue Coco – vivono normalmente questa cosa, ma buona parte di queste conquiste la devo al mondo dell’attivismo. Capisco che non è sempre facile: se non fosse successa quella occasione, non so se avrei fatto coming out, ma oggi sento che i tempi stanno cambiando».
La strada tuttavia non può essere di certo definita in discesa. «C’è ancora la concezione che il calcio, ma anche lo sport in generale, sia legato alla virilità. Per esempio che dopo la partita nello spogliatoio si debba parlare di cosa è successo con la ragazza della sera prima – osserva – Se pensiamo che soltanto da poco il calcio femminile è passato nella sfera professionistica, permettendo così alle calciatrici di avere un contratto e le tutele che gli spettano e che alcuni sport femminili appartengano ancora alle categorie dilettantistiche, significa che i passi avanti da fare sono ancora molti». Per Coco il ruolo fondamentale lo giocano non soltanto le squadre di calcio, ma anche i tifosi e la stampa. «In Germania – aggiunge il calciatore – cento calciatori hanno fatto coming out dopo che la rivista sport 11Freunde ha lanciato una campagna di sensibilizzazione».
Nel frattempo nel calcio resta attuale in vista dei mondiali in Qatar, paese ancora ancora indietro in fatto di inclusione. «Parliamo di una nazione dove in certi casi è prevista la pena di morte per le persone Lgbtiq – specifica Coco – Non è un posto sicuro per gli omosessuali. L’organizzatore ha detto che gli omosessuali possono assistere al mondiale, ma senza farsi vedere: questo è bastato per farci pentire sia a me che al mio compagno di voler andare». Guardando all’Italia, pochi mesi fa il Senato ha bocciato il ddl Zan, il disegno di legge contro l’omotransfobia affondato con tanto di esultanze da parte di alcuni parlamentari. Trascorsi i sei mesi, il testo sarà ridiscusso. «Ci sono molte probabilità che si arrivi a un’altra bocciatura – commenta Coco – In ogni caso è importantissimo che si faccia un tentativo ulteriore e che le forze progressiste non mollino, con la speranza che alle prossime elezioni vengano eletti parlamentari che al momento giusto, sul tema, non si mostrino franchi tiratori. Dal canto mio – conclude – io continuerò a giocare fino a quando un calciatore che militi almeno in serie B non abbia il coraggio di dichiararsi alla stampa, con tanto di società al proprio fianco».
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