La stanza di carta, il nuovo spazio dedicato ai libri «Per trovare ciò che neppure pensavi di cercare»

Per capire cosa vuol dire essere un libraio basta passare qualche ora con Pietro Onorato nella nascente La stanza di carta, lo spazio dedicato ai libri che si trova in via D’Alessi. Un piccolo luogo pieno di alte scaffalature in legno e nicchie segrete, già colmo di volumi accumulati in 50 anni di esperienza, che aprirà intorno alla seconda metà di aprile. Ma basta già inoltrare la via che da via Maqueda porta a piazza Bologni per essere attirati dalle scritte dedicate alla lettura («per trovare ciò che neppure pensavi di cercare»), e da quest’uomo che alacremente passa le giornate a ordinare i testi e a togliere delicatamente con un panno la polvere inevitabilmente accumulata. In tanti si fermano incuriositi, e già chiedono orari, disponibilità di questo o quel libro. Per ciascuno Onorato ha un consiglio cortese e preciso: se non conosce l’autore lo appunta, o sa rimandare a un altro, e in ogni caso con ciascuno intavola discussioni mai banali. A tutti l’operaio della cultura, così come si definisce, illustra gli spazi e sorride sornione nel mostrare le nicchie nascoste che ampliano le possibilità della stanza di carta, aprendo nuovi imprevisti scenari. Pietro Onorato arriva da tante esperienze librerie. Recentemente La stanza di carta può considerarsi come una sorta di buen retiro?

«Francamente no – sorride Onorato – È come se avessi messo su tela quelle che sono le mie intenzioni. Per me questo è un sogno che rincorro da anni, cioè un luogo dove il motore principale è il libro. E intendo il libro cartaceo. L’ebook per me è una sorta di libro, perché consente esclusivamente la lettura. Il libro ha una sua fisicità che sviluppa diversi organi di senso, come vista, olfatto e tatto, che il mezzo elettronico non può dare. Più in generale io credo che la libreria viva una profonda crisi, in quello che è uno specchio dei tempi. E la crisi parte proprio dall’oggetto principale. Non basta mettere insieme quattro fogli per fare un libro. Scrivono in tanti e la qualità dei libri è sempre peggiore. Secondo il mio modesto parere si salva solo un quarto di quello che viene stampato». Non è un caso, dunque, che già 20 anni fa Onorato decida di mettere su, insieme alle figlie, quella che poi sarà la libreria Broadway, in via Pilo, una delle prime a scegliere di diventare tematica invece che replicare quel modello generalista che fino ad allora era l’unico che si concepiva.

«Poi hanno cominciato a imperversare gli ipermercati come Feltrinelli – analizza Onorato – e lo dico senza volontà di scomunica. Non perché il libro debba avere una certa aurea, ma in questi ultimi anni il libro è stato trattato alla stregua di un qualsiasi prodotto commerciale, come può essere una scatoletta di tonno o un detersivo. Il libro invece ha una produzione diversa, una storia diversa. Anche se poi gli editori hanno fatto sì che questa diventasse un’industria commerciale e consumistica. Invece non è così, perché il libro è fatica, comporta fatica. Per questo motivo poi ciascun editore si è creato i propri luoghi di diffusione del libro, e allo stesso tempo sono stati inseriti tutti quei prodotti che col libro hanno poco o nulla a che fare. Ecco perché ho ritenuto di creare qualcosa di diverso».

A La stanza di carta, dunque, il libro tornerà ad acquisire un ruolo centrale. E attorno ad esso ruoteranno la grafica, la fotografia, la scultura, l’arte, la ceramica, i giocattoli antichi. Per diventare «un luogo del sogno», come lo definisce lo stesso libraio. E ridare nuova vita a quella che fino a 30 anni fa era una libreria nota, punto di riferimento soprattutto per la facoltà di Giurisprudenza. Come è stato invece selezionato il catalogo attuale? «Alcuni sono libri che arrivano da decenni di esperienza sul campo, altri sono frutto di donazioni, altri ancora li ho acquistati – dice Onorato – Scelgo quello che più mi piace e seleziono in base alle condizioni, sono tanti i libri immacolati che non sono mai stati aperti».  Dopo 50 anni di letture e consigli, dopo aver maneggiato migliaia di testi, Onorato non ha mai provato a cimentarsi con la scrittura? «Mi sento più un libraio – si schermisce lui – D’altra parte scrivono già in tanti, perché aggiungermi? Così come non basta guidare qualche volta per diventare un pilota, non credo che basti leggere qualche libro per saper scrivere».  Anche il posto scelto per l’apertura è, per dirla con le parole dell’appassionato libraio palermitano, «degna di un racconto». Ed è proprio lui che sceglie di narrarla. 

«L’attuale proprietario, un docente di architettura adesso in pensione, acquistò questo locale circa 25 anni fa. La libreria che c’era prima era già chiusa. Dopo averlo restaurata però rimase chiusa. Intorno ai primi anni 2000 l’uomo mi contattò per offrirmi la possibilità di gestire lo spazio. Ma non riuscimmo a metterci d’accordo, considerando il fatto che a quel tempo via Maqueda non era (in parte) pedonale e che io avevo aperto da poco la libreria Broadway. Il discorso per un bel po’ dunque fu morto e sepolto. Con quell’uomo poi ci siamo incontrati circa due anni fa, e di nuovo lui mi ha proposto questo posto. Ma per trovare un accordo sono stati necessari altri quattro confronti. Sembra che questo posto mi abbia aspettato, il posto sarebbe potuto diventare tutt’altro e invece è rimasto così com’è». Intanto, in questi anni, la città è cambiata. Il riconoscimento del 2018 di capitale italiana della cultura, un rinnovato fermento di iniziative, l’arrivo dei turisti, la spinta dell’associazionismo, la città che sempre più si pedonalizza: tutti fenomeni che possono essere interpretati come buoni presagi per l’apertura di una libreria in centro. Non tutto, però, è rose e fiori. «Vorrei che la città capisse, e soprattutto che lo capissero i miei vicini di casa del Comune – osserva Onorato – che non può esserci una fogna a cielo aperto al centro di Palermo. Teoricamente questa via consente il passaggio pedonale, eppure qui i camion continuano a passare. Ci sono pure i cassonetti dell’immondizia qui accanto. A breve comincerà il caldo, quindi diventa anche una questione di salute oltre che di igiene. Ho parlato con il neo assessore al Decoro Fabio Giambrone, perché l’intenzione è di creare qualcosa di bello e il ruolo del Comune non può essere solo quello di venire a pulire».

Andrea Turco

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