Per l’allenatore della Juventus conterebbe soltanto quello che succede nel campo. Così Antonio Conte, bandiera juventina in campo e adesso, dicono, gran motivatore fuori, ha commentato gli eventi che riguardano Calciopoli. Verrebbe da chiedere, a questi uomini di sport, se non trovano curioso che queste affermazioni provengano da una parte sola, casualmente quella che in campo vinceva non perché era più forte dell’avversaria ma perché c’era sempre qualche arbitro compiacente che vedeva un fuorigioco dove non c’era, convalidava gol fantasma, rilevava un fallo che non esisteva. E casualmente sempre a favore di questi “uomini di campo”, indomiti guerrieri che correvano dall’inizio alla fine. E che forse correvano troppo, se è vero che il medico della Juventus venne condannato qualche anno fa per truffa sportiva dovuta al fatto che i medici della Juve facevano ricorso a 281 medicinali diversi. L’iter giudiziario si concluse con una sentenza della cassazione che fece gridare alla vittoria i legali della Juve allo stesso modo con cui la nostra Giulia Bongiorno gridò alla vittoria dopo l’assoluzione di Andreotti, santa prescrizione che monda da tutti i mali. Non importava che avessero commesso il reato, importava che il reato fosse prescritto. Ma all’uomo di campo certe questioni devono sembrare intrighi da azzeccagarbugli, magari sovrappeso e che non sanno cosa significhi avere l’adrenalina a mille prima di una finale di Champions League. E a chi importa il fatto che non lo sanno perché, a differenza dell’allenatore della Juve, sono stati degli sportivi?
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