La Sicilia tra piogge & sanatorie

Per uno di quei paradossi che solo Luigi Pirandello sarebbe riuscito ad immaginare, la nuova alluvione che ha colpito ieri il Messinese, con il tragico corollario di morti e di strade e centri abitati travolti dal fango, coincide con la volontà della politica siciliana di portare a Sala d’Ercole, sede del parlamento siciliano, il disegno di legge per la sanatorie delle abitazioni realizzate abusivamente lungo le coste. Basta solo questo per misurare la distanza, ormai siderale, tra i bisogni reali del territorio e una politica arruffona e sconclusionata.
Oggi tutti, in Sicilia, tornano a stracciarsi le vesti per le piogge che hanno sconvolto le contrade della provincia di Messina, forse la più mal messa sotto il profilo idrogeologico. Ma nessuno ricorda più i primi anni ‘80 del secolo scorso, quando con abbondanti fondi regionali, si ‘cementificavano’ le fiumare del Messinese al grido di “l’operai travagghianu…”.
Di pari passo con le ‘cementificazioni’, per fare posto a un’utilizzazione irrazionale del territorio, a cominciare dall’abusivismo edilizio, si restringevano pericolosamente i cosiddetti “campi di dispersione”, ovvero gli spazi – che dovrebbero essere piuttosto larghi – dove fare affluire le acque dei fiumi in presenza di piogge abbondanti, disperdendo senza provocare danni l’energia cinetica.
In Sicilia, per troppi anni – nel Messinese, ma anche in altre parti della nostra Isola (solo nel Palermitano si contano 52 Comuni a rischio idrogeologico su 52, e si va avanti con la speranza che il buon Dio non mandi 40-50 millimetri di piogge concentrati in un breve lasso di tempo, perché succederebbe il viva Maria anche dalle nostre parti) – abbiamo fatto l’esatto contrario. Anzi, abbiamo fatto di più: oltre a ‘cementificare’ i fiumi e grazie a una politica agricola dissennata, proprio nel Messinese sono stati abbandonati centinaia di ettari di noccioleti. Mangiamo le nocciole turche o di chissà quali altri Paesi del mondo, dimenticando – e non c’è bisogno di essere agronomi o geologi per capirlo – che in un territorio collinare e montano come quello della provincia di Messina l’abbandono dei noccoleti e, in generale, degli alberi, in presenza di piogge copiose e concentrate in un breve spazio di tempo, non può che provocare disastri ambientali.
La Sicilia, già da qualche anno, si è dotata dei Piani di assetto idrogeologici (Pai). Strumenti importantissimi. Ma, si dice, impossibili da mettere in pratica perché ci vorrebbero troppi soldi. Questo sarà vero a livello nazionale, ma non è vero in Sicilia dove, già dal 2007, abbiamo avuto a disposizione 11 miliardi di euro di fondi europei. Di questi, come ha denunciato la scorsa settimana il presidente della commissione Bilancio e Finanze dell’Ars, Riccardo Savona, la Sicilia ne ha spesi, sì e no, 600. Un ‘delitto’ che la politica e l’amministrazione hanno perpetrato ai danni di 5 milioni di siciliani. Il riferimento è all’alta dirigenza regionale, a cominciare dai superpagati dirigenti generali che, dal 2007 ad oggi, hanno incassato tutte le premialità pur avendo ottenuto risultati disastrosi in materia di spesa dei fondi europei (altro che raggiungimento degli obiettivi!).
Ebbene, forte di questi ‘successi’, e con i morti ancora ‘freschi’, la politica siciliana si accinge a sbaraccara la legge regionale numero 78 del 1976, quella, per intendersi, che ha introdotto il vincolo d’inedificabilità assoluta entro i 150 metri dalla battigia. Una legge che, già due anni dopo, nel 1978, la politica siciliana avrebbe voluto ‘cassare’. Un ‘agguato’ che venne sventato grazie all’opposizione dell’allora presidente della Regione, Piersanti Mattarella, che non solo riuscì a conservare il vincolo per salvare le coste dal cemento, ma lavorò con successo per introdurre nella legislazione regionale una drastica riduzione dell’attività edificatoria sul verde agricolo. Se oggi in Sicilia sono state istituite le riserve naturali lungo le coste, ebbene, il merito è anche di quell’irripetibile (putroppo) stagione politica legata a Piersanti Mattarella.
Oggi, invece, la politica prova a spostare indietro di oltre 35 anni le ‘lancette’ della storia. Si ritorna a parlare delle coste. Non, per esempio, per rideterminare i canoni del demanio marittimo, magari assegnando la gestione delle spiagge con gare pubbliche da aggiudicare al migliore offerente, se è vero che, attualmente, i canoni (quando ci sono e quando vengono rispettati) sono irrisori. Né revisione dei canoni per aumentare le entrate finanziarie (altro che ‘valorizzazione degli immobili regionali!), né tutela del territorio. Solo una bella sanatoria lungo le coste. Sì, è proprio il caso di dirlo: questo oggi “passa il governo…”.

 

Giulio Ambrosetti

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