La Sicilia del cinema vista da Aurelio Grimaldi

Lo scrittore e regista di Mary per sempre, in procinto di girare il prossimo film in Brasile, racconta se stesso, il rapporto con la Sicilia, la nascita e l’affermazione, ancora incompleta, del “nuovo cinema siciliano”.

Aurelio Grimaldi: abiti in Sicilia ma sei in procinto girare il prossimo film in Brasile.
Si, in Sicilia attesa di girare in Brasile che è stato finanziato con la bellezza di 300.000 euro per il quale mi sono battuto e quindi sto aspettando il “carimbo” (il “timbro” ufficiale brasiliano per il via al progetto) per la co-produzione brasiliana. Do per scontato di girarlo nel 2012. Ho fatto i provini recentemente. I protagonisti sono due ragazzini. L’ho scritto per girarlo a Rio, e poi abbiamo deciso di girare a Salvador de Bahia; una città a grandissima maggioranza nera. In effetti, i protagonisti li ho sempre immaginati di colore.
Sei nato a Modica…
Vero, Però quando avevo due anni mio padre chiese trasferimento il più lontano possibile dalla Sicilia: a Luino, a 4 km dalla Svizzera. In realtà fu una fuga e una ribellione di mio padre.
Ma poi sei tornato.
Ci fu una difficile decisione per cui mio padre doveva stare in un clima più asciutto per motivi di salute.
Quindi tornate in Sicilia, a Milazzo.
Esattamente, con una casa sul mare. E si andava al mare da Maggio a Ottobre. Avevo diciannove anni quando sono tornato in Sicilia. Non volevo stare in Sicilia nemmeno ammazzato, e avevo calcolato che, appena laureato, sarei tornato in Lombardia. Ma dopo due anni mi sono innamorato di una milazzese e la situazione cambiò.
Cambiò il tuo modo di vedere la Sicilia?
La mia percezione della Sicilia mutò radicalmente. Prima di innamorarmi di questa sciagurata, studiavo e stavo a casa e basta. La Sicilia era quasi una condanna, il più possibile passeggera.
Invece con questa ragazza?
Mi innamoro perdutamente. Poi mi ha trattato malissimo. Ma psicologicamente mi permise di aprirmi alla Sicilia e quindi di vivere la Sicilia e i siciliani. Per cui iniziai a fare amici: e proseguii ad apprezzare la Sicilia Stare molto a mare, con gli amici, “casino”, eccetera… Quindi questa storia infelice mi fece invece apprezzare la felicità di stare in Sicilia, che io prima negavo: vedevo solo il bicchiere mezzo vuoto, che ovviamente c’era. Ma non solo.
E poi finalmente a Palermo, praticamente per il sevizio civile.
Dovevo scegliere io tra gli enti indicati dal Ministero della Difesa. Devo dire che ancora con qualche dubbio andai a afre il mio giro a Milano e poi a Palermo. Ma la decisione era presa: una grande città, Milano oppure Palermo. E scelsi Palermo. Andai al centro sociale Vila Tasca e iniziai ad insegnare. Fu creata una mini-classe all’interno del centro sociale. Adesso faccio i pendolare tra Roma e Palermo, e poi anche Termini Imerese. Sostengo che un siciliano che se ne andato per sua scelta a due anni, e poi è tornato per sua scelta è più siciliano della maggioranza dei siciliani. Nella mia imperdonabile presunzione mi considero più siciliano della maggioranza dei siciliani nati e cresciuti qua.
Pur rimanendo residente in Sicilia , culturalmente sei partito dalla Sicilia per andare lontano con il successo: da “Mery per Sempre” a “Ragazzi Fuori” e poi tante altre esperienze. Quali sono oggi, ripensandoci a venticinque anni d distanza dall’esperienza che ti ha lanciato, le cose che ti legano di più alla Sicilia?
L’esperienza pedagogica, inizialmente. Che però non mi lega solo alla Sicilia: mi lega anche al genere umano. Sto andando in Brasile per trovare esperienze fortissime che non ci sono più in Europa. Per fortuna, oggi non si può raccontare la stessa storia di “Mery per Sempre” come fu raccontata allora: qualcosa è migliorata da noi. Come diceva Buttitta “la storia zappa a millimetri, ma zappa”, e quindi per fortuna zappa e le cose cambiano. Oggi la stessa storia di Meri per Sempre si dovrebbe raccontare in maniera diversa. Quindi ciò che mi lega alla Sicilia è: intanto l’umanità, e poi il mare e la luce. La Lombardia mi farebbe soffrire terribilmente.
Torniamo allora alle esperienze siciliane che non molti conoscono: partiamo da “Nerollo”, che hai realizzato nel 1995
“Nerollo” è diviso in tre episodi: si racconta che va a Siracusa in un capitolo solo. Ho unito ed ho raccontato di Pasolini, dell’omosessualità e della sua intima personalità, in tre episodi. Ho voluto raccontare di un amore critico. In “Un Mondo d’Amore” racconto del suo primo rinvio a giudizio: ma racconto di più la sua fragilità. 
L’”Ultimo Re”?
Quello effettivamente è girato in Calabria nel 2010. In Sicilia ho girato “La discesa di Aclè a Floristelle”. Poi “La Ribelle”, con Penelope Cruz giovanissima (diciottenne), che fu girato a Milazzo. E soprattutto “Le Buttane” (1994) girato a Termini Imerese.
“Il Macellaio” (del 1998) lo hai girato pure a Termini Imerese e Palermo, giusto?
Pur di girare in Sicilia ho inventato questo personaggio che una piemontese (interpretata dalla Pairetti) che è sposata con un direttore d’orchestra non siciliano che lavora nella orchestra siciliana. Alla Pairetti le ho fatto fare due scene di camminate nel mio adorato CEP periferico e nella Vucciria popolare di Palermo (nel 1998). Iris, invece, l’ho girato a Ustica, che è un luogo per me familiare, non per niente è scritto con mia moglie ed interpretato da mia figlia Arancia, ed è anche l’unico con lieto fine.
“La Donna Lupo” (del 1999), è stato girato a Cefalù?
Si. Semplicemente perché era ambientato in una villa sul mare e la trovammo a Cefalù.
Il futuro della Sicilia del cinema. Cosa ti viene in mente? La Sicilia secondo te è “condannata” a fare quasi esclusivamente film sulla mafia? Oppure si potrebbe e dovrebbe fare altro con altrettanto successo?
Non ho lavorato molto sulla mafia. Ma avevo una sceneggiatura “L’onorevole Di Salvo” che ci fu bloccato da Calogero Mannino che, non so come, lesse la sceneggiatura di sto film (è un mistero che ci atterrisce) e lui ci denunciò perché si riconobbe in una scena, e quindi chiese di bloccare il film. Il giudice disse che il film doveva essere bloccato fino alla fine del processo. Ma il processo finì dopo che il fondo di sostegno al film decadde e non si è potuto più realizzare.
E oggi?
Oggi le condizioni sono cambiate.
Per esempio?
Tendenzialmente mi viene difficile parlare di “cinema siciliano”. Però mi stimola la discussione. Voglio ricordare che nel 1988 esce “Nuovo Cinema Paradiso” che è storicamente il primo film di successo di un regista siciliano che parla della Sicilia. Prima ci sono anche grandissimi personaggi, ma sono film di non siciliani. Finalmente, in questo biennio 1988-1989, c’è anche “Mery per Sempre” che è il primo film scritto da un siciliano e recitato in parte in siciliano: in quel biennio (1988-1989) nacque ciò che oggi possiamo definire “cinema siciliano”. Mi viene in mente, che dopo questo inizio scoppiettante, non sono state due decadi così positive per il “cinema siciliano”, che è ancora in un limbo. Nei fatti non c’è stata un’esplosione da parte nostra. E’ ancora come un limbo, un purgatorio. Sono emersi per originalità  Ciprì e Maresco. Devo dire che nella storia recente del cinema siciliano loro sono stati i più originali. Se vediamo nel concreto, molti siciliani non fanno film definibili come “siciliani”. Luca Guadagnino, ad esempio, non fa film siciliani. D’altro canto c’è Pasquale Scimeca che ha realizzato recentemente “Malavoglia”. C’è Francesco Calogero di Messina e nella commedia di successo ci sono anche Ficarra e Picone che però iniziano a girare, purtroppo, altrove. E un motivo ci sarà. Va ricordata anche l’opera di Roberta Torre con “Tano da morire” e altro.
E non dimentichiamo Emanuele Crialese che, anche se è nato a Roma, è di origini siciliane e ha realizzato une serie di film eccellenti e siciliani nella concezione e nel cuore.
Si, è vero. Il lavoro di Crialese è fondamentale nel quadro del cinema sulla Sicilia. Ma aldilà di Tornatore e Crialese, a conti fatti, non vedo poi molti film in Sicilia veramente “siciliani” negli ultimi venti anni. C’è stato un grande movimento che ancora non ha prodotto questo “nuovo cinema siciliano” che ancora non decolla come potrebbe. Io comunque tifo per i siciliani
E quindi auguri al cinema siciliano o in Sicilia, e soprattutto a te, Aurelio per portare in Brasile e con il Brasile le idee, i progetti, la cultura che parte dalla Sicilia.

Gabriele Bonafede

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