«Mai vista una cosa del genere». All’altro capo del filo la voce che corre a intermittenza è quella dell’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro, impegnato tutta la notte nel coordinamento delle operazioni per domare le fiamme nel Palermitano, tra Monte Grifone e Monte Caputo. Scene simili si sono verificate anche a Scopello – il borgo di Castellammare del Golfo che ieri è stato evacuato per il rischio che le fiamme potessero mettere a rischio l’incolumità di residenti e turisti – e oggi a Maletto, in provincia di Catania. «Alle 3.30 di notte – racconta Cordaro a Meridionews – il termometro segnava 35 gradi, una cosa che non mi era mai successo di vedere. E poi il vento, in una manciata di secondi le fiamme ci raggiungevano, mentre i mezzi che avevamo a disposizione per domarle erano un’autobotte da ottomila litri e due da quattromila».
«Tecnicamente – spiega ancora Cordaro – si è trattato di un incendio di interfaccia: è così che vengono definiti quegli episodi che rischiano di interagire con abitazioni e persone, come è avvenuto ieri sera». Una notte di inferno, dall’allarme all’arrivo dei primi soccorsi fino all’organizzazione della macchina complessiva. I vigili urbani di Monreale a deviare il traffico, gli operatori dell’antincendio e dei vigili del fuoco impegnati a evacuare la vasta zona interessata dall’incendio, il primo cittadino con la sua auto a ricevere le richieste di intervento, verificarle e indicare alla centrale le zone prioritarie su cui intervenire. «A mezzanotte – prosegue il racconto di Cordaro – tutte le case erano state evacuate. Già tra le 3 e le 4 del mattino la gente veniva a cercarci per sapere se poteva rientrare».
Certo, oggi le accuse sono diverse, a cominciare dalla prevenzione e la manutenzione del territorio. Un punto rispetto al quale Cordaro, già a fine giugno, si era detto critico rispetto ai ritardi della macchina organizzativa annunciando che, a partire dalla fine della campagna antincendio di quest’anno, si lavorerà alla pianificazione per il 2020. «Intanto – ammette – siamo in guerra e dobbiamo combatterla e vincerla. Siamo stati tutti lì, dal capo della protezione civile Calogero Foti, al dirigente del dipartimento Filippo Principato, fino a Giuseppe Chiarelli e Felice Buscia. E non è perché io voglia difendere i miei, quando c’è stato da avanzare critiche l’ho fatto. Però bisogna anche dire che ci sono troppi terreni privati abbandonati. Stanotte c’era un uomo disperato – prosegue – che cercava di mettere in salvo la sua villa circondata da terreni abbandonati pieni di sterpaglie: questo per dire che tutto quello che fa l’uomo di buona volontà non basta davanti all’incuria degli altri. Poi, sì, quest’anno ci sono state delle cose che hanno subito ritardi, penso alla prima gara per gli elicotteri andata deserta ma anche alle difficoltà riscontrate dalla Ragioneria e che hanno comportato dei rallentamenti».
Come pianificare meglio, dunque? «Stiamo facendo una esperienza sul campo che dubito in passato qualcuno abbia fatto. Questa notte proprio con Foti e Principato parlavamo dell’esigenza di realizzare un’unica centrale operativa. E poi il personale. Sia chiaro – puntualizza – io questa notte ho visto al lavoro persone eroiche che non si sono risparmiate davanti a nulla. Ma che hanno un’età media che va dai 55 ai 60 anni. È indispensabile che dal prossimo anno si faccia il concorso per assumere almeno 200 nuove unità. E poi non escludiamo l’installazione di sistemi di videosorveglianza dove non è possibile garantire un controllo costante del territorio».
Resta il tema di elicotteri e canadair che non possono volare di notte, rallentando gli interventi di spegnimento. «Anche lì una soluzione va immaginata. Perché è vero che col buio non si può mandare un canadair in mare a prendere l’acqua perché, con la scarsa visibilità, si rischia di non vedere se c’è una barca. Però magari in futuro si potranno immaginare dei percorsi in sicurezza illuminati dalle motovedette. Vedremo, di certo non resteremo fermi». Una guerra contro il fuoco, insomma, ma soprattutto contro chi lo appicca. «Nessuno pensa che si tratti di casualità: se ci sono 30-40 focolai accesi contemporaneamente, è chiaro che c’è un disegno. Io – conclude – non so quale sia. Mi auguro che gli inquirenti facciano chiarezza. E che le pene siano esemplari».
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