«Quando usciranno gli esiti delle liste, gli strateghi mi daranno suggerimenti postumi, i più belli. Probabilmente alla fine avremo solo De Luca sindaco di Sicilia che esprimerà dei candidati, ma nessuno è stato sacrificato. Tutti sapevano che avevamo un obiettivo ambizioso: non dovevamo solo partecipare, noi puntavamo a vincere, lo ammetto con onestà. E invece ho perso». È un discorso ancora dal sapore elettorale quello di Cateno De Luca, ex sindaco di Messina e candidato presidente della Regione. Che ammette la sconfitta nei confronti del candidato del centrodestra Renato Schifani, ma guarda avanti. Con un obiettivo dichiarato: trasformare un movimento cresciuto sulla sua figura – e sul suo carisma – in un vero partito.
«Non capisco perché ancora si dia nelle proiezioni lo 0,60 per cento di Luigi Di Maio, mentre del nostro 0,90 nazionale, raggiunto da figli di nessuno e con due seggi conquistati all’uninominale, si continua a non parlare. Questo mi dispiace ma non mi scoraggia», dice dal palco di Fiumedinisi, suo Comune d’origine, da cui oggi ha seguito lo spoglio dopo un pranzo in famiglia. Il primo attacco di De Luca è per «la casta che si mette d’accordo per fare le elezioni anticipate giusto dopo aver maturato una pensione d’oro, calcolando proprio i tempi, e decide di far raccogliere le firme ad agosto, quando è quasi impossibile».
«Non c’era una via di mezzo in questa competizione, sapevo che non sarebbero esistite sconfitte o vittorie di misura – continua De Luca passando alla performance locale – Noi abbiamo bussato alle porte dei siciliani in 320 Comuni. Non ha funzionato, pazienza. E non so se Schifani ha bisogno di numeri per governare, ma dico subito che io con lui non voglio avere niente a che fare». Eppure al nuovo quasi presidente della Regione siciliana, De Luca augura di restare in carica per tutto il mandato, cinque anni. «Di galera!», lo interrompe una sostenitrice dal pubblico. «No, queste cose non le accetto – interviene subito De Luca – Gli auguro di terminare il mandato perché così avremo il tempo di organizzarci e far vedere ai siciliani cosa significa la buona amministrazione».
Le idee per il futuro sono chiare. E De Luca sfrutta il palco post elettorale proprio per gettare le basi di quello che ambisce a diventare un vero partito, di quelli di una volta. Ma che uno attento come lui alla comunicazione continua a chiamare movimento. «Prima ero solo, adesso ci saranno due di noi a Roma e sette-otto, non so quanti, a Palermo. Adesso possiamo rivoluzionare la Sicilia». Ma l’ex sindaco di Messina avverte: non sarà semplice. «La politica è militanza, studio, costanza: se la si fa solo alla vigilia delle elezioni, non nascerà mai una classe dirigente. Noi adesso abbiamo l’opportunità di costruire un movimento che può davvero parlare ai siciliani, al contrario di chi oggi pensa solo al potere».
Dalla sua Fiumedinisi De Luca lancia quello che definisce «uno dei miei sogni»: aprire una scuola di formazione politica. «Perché la classe dirigente non si può improvvisare – spiega – e adesso abbiamo gli strumenti e le risorse umane per lavorare. Spero che chi di noi sarà eletto si ricordi che dietro questo risultato c’è il sacrificio di oltre 300 candidati e loro dovranno servire il gruppo».
Tutte manovre di avvicinamento a una capillare presenza sui territori: «Spero che saremo la prima forza politica in Sicilia. Questo ci consentirebbe anche di pensare alle prossime elezioni amministrative, perché dovremo creare gruppi in ogni Comune, per portare la nostra operazione di pulizia e buon governo in ogni amministrazione».
Un progetto a lungo termine, nelle intenzioni di De Luca. «Non voglio che questo movimento si chiami Cateno De Luca. Deve avere il nome e il cognome di ciascuno di voi, ma per farlo ci si iscrive e si partecipa, come si faceva una volta. Per questo ho voluto una lista solo di giovani: i prossimi candidati andranno individuati guardando ai percorsi di militanza».
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