Si tratta di una competizione particolarissima. Anche all’interno del panorama delle cosiddette ultra-trail, ovvero le gare di corsa su sentieri sterrati, rocciosi o boschivi che superano i 42 chilometri e i 4000 metri di dislivello positivo o negativo. La peculiarità della SuperMaratona dell’Etna, però, è legata al suo record da Guinness. Si tratta infatti della gara col maggiorE dislivello su tracciato unico mai realizzata. Una manifestazione che ormai attrae atleti da tutto il mondo e che, quest’anno, è stata vinta da un giovanissimo runner locale. A firmare l’impresa il venticinquenne Francesco Mangano da Linguaglossa, un ragazzo cresciuto col Vulcano nel cuore e nell’anima. «Ho iniziato a correrla quando avevo 17 anni – ammette Mangano – riuscendo ad abbassare il tempo di percorrenza di ben tre ore rispetto alla prima volta». Dalle 7 ore e 30 minuti dell’esordio, infatti, Mangano si è imposto con il crono di 4 ore 18 minuti e 57 secondi sul percorso da Marina di Cottone fino all’Osservatorio vulcanologico di quota 2900 metri.
Grande risultato che avrebbe anche potuto essere migliore, se non fosse stato per il caldo, nemico numero uno dell’atleta etneo. «Siamo stati sfortunati, già alle 8 del mattino la temperatura era di 30 gradi. I rischi di disidratazione e colpi di calore sono altissimi: la gara di domenica scorsa, infatti – ribadisce il vincitore – è stata una vera e propria corsa ad eliminazione». Mangano mette in fila i ritiri di due nomi temibili: «All’altezza di Linguaglossa ha mollato Antonio Recupero, uno dei favoriti. Gabriele Pace stava gestendo la gara – racconta Mangano (tesserato per la società Monti Rossi Nicolosi) – fino al 25esimo chilometro, per poi cedere per crampi e caldo. Stessa sorte per Vito Massimo Catania. Stavo insomma aspettando il mio turno, credendo che avrei pagato anch’io il clima». L’atleta prova a spiegarsi cosa è successo: «Forse la mia insicurezza di fondo mi ha aiutato, tengo sempre una riserva d’energia e sono arrivato in fondo grazie a una gara costante».
L’ultima fase di gara poi può dirsi, senza esagerare, terribile. La strada per i crateri dell’Etna, sul versante nord della montagna: nove chilometri di sterrato, con quasi 1000 metri di dislivello, scenario dove è facile crollare e perdere minuti su minuti. Su questo tracciato qualcuno propone di portare anche il Giro d’Italia. «Il trucco – rivela Francesco – è quello di alternare corsa e camminata veloce per distendere la muscolatura, nei tratti che te lo consentono». L’emozione al traguardo è stata fortissima: «Mio padre mi seguiva con un’auto, non avevo riferimenti e – racconta sorridendo – per farmi correre più veloce mi diceva che il secondo (Francesco Cesare, arrivato 20 minuti dopo, ndr) era vicinissimo a me. Non era così e questo non mi ha fatto godere l’ultimo chilometro, corso al massimo». La gioia e le lacrime sono arrivate solo dopo aver realizzato l’impresa: «Mi sono reso conto di quanto fatto solo alla fine. Questo è un risultato di prestigio – ricorda Mangano – perché sono entrato nell’albo d’oro di una gara ambita da tanti trailer nell’ambito della Nazionale».
Il rientro a casa, dopo tanti anni di studio a Firenze, lo ha ovviamente aiutato nel mettere a segno questo grande risultato. «Sto lavorando come nutrizionista tra Randazzo, Linguaglossa e Catania. Ho tanti clienti e sono molto soddisfatto. Avere il vulcano a disposizione – precisa Francesco – mi ha consentito di preparare meglio la gara». A proposito di allenamenti, Mangano ricorda che la SuperMaratona merita ben sei mesi di lavoro: «Servono sessioni specifiche, da intensificare negli ultimi due-tre mesi. Ho alternato la corsa in montagna allo sci alpinismo sul percorso Piano Provenzana-cratere e lunghe sedute di bicicletta». Da buon runner, poi, Francesco Mangano non si ferma mai: Ho deciso di insistere sulle gare da 50-60 chilometri, per migliorare ritmo e resistenza. Le mie prossime gare saranno l’Etna Trail sulla distanza dei 52 chilometri e la OCC (Orsières – Champex – Chamonix), inclusa nella Ultra-Trail del Monte Bianco. Sogno sempre in grande – conclude l’intervistato – voglio essere tra i migliori ragionando in prospettiva lunga, tra cinque-dieci anni».
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