La rivoluzione silenziosa

8.30 del mattino, all’ufficio immigrazioni di Catania un cospicuo numero di persone è già in fila in attesa di avere informazioni, di poter regolarizzare un documento, di averne uno nuovo. I paesi di provenienza di queste persone, peraltro molto gentili e disponibili, sono fra i più diversi: Bangladesh, Senegal, Marocco, Filippine, per citarne alcuni. “Dove sono i cinesi?” è la domanda che subito ci poniamo. Con grande sorpresa ci accorgiamo della completa assenza di persone provenienti dal Sol Levante. Eppure facendo un giro per Catania la loro presenza passerebbe inosservata solo ad un cieco.
Sono tanti, tantissimi, ma la cosa strana è che, a parte qualche ristorantino sparso qua e la in giro per la città, la loro presenza è concentrata in una specifica zona.

Nel giro di pochi anni è sorta a Catania, come del resto in tutta Italia e in molti altri paesi occidentali, una vera e propria città dentro la città. Alzi la mano chi non si è accorto della Chinatown catanese che si allarga a macchia d’olio ogni giorno che passa. Zona piazza Carlo Alberto, più comunemente la piazza dove si svolge il mercato. Ovunque si scorge ciò che forse rappresenta il simbolo più evidente di quella che alcuni hanno ribattezzato “invasione silenziosa”: i palloncini rossi appesi nel frontespizio di qualsiasi attività commerciale cinese. Sono specializzzati nel commercio, dettaglio o ingrosso poco importa. Decine di negozi, uno accanto all’altro, occupano le vie adiacenti la piazza creando l’atmosfera tipica dei mercati orientali. Vendono di tutto, dagli utensili per la casa agli attrezzi da lavoro, e a prezzi che stracciano quelli della concorrenza. E allora ti accorgi che l’idraulico, il muratore o il carpentiere comprano i ferri del mestiere dai cinesi, lagnandosi dell’avvento dell’euro e del caroprezzi. Forse non hanno tutti i torti. Ma il loro pezzo forte è il settore dell’abbigliamento. Sì, i cinesi riescono a vendere jeans o t-shirts in un paese, l’Italia, che nel settore tessile è tra i numeri uno al mondo. Strano ma vero.

Tornando ogni giorno per una settimana di fila all’ufficio immigrazioni ci accorgiamo che dei cinesi non c’è neanche l’ombra. Allora la domanda sorge spontanea: hanno tutti regolare permesso di soggiorno, hanno tutti la licenza per aprire attività commerciali, o affollano la nostra città e il mondo intero nell’illegalita più totale e grazie anche al disinteressamento delle istituzioni?
Con molta cautela e gentilezza, visti anche i disordini accaduti a Milano, che tanto devono fare riflettere, abbiamo provato ad avvicinarci per avere qualche discreta informazione su quel che riguarda la loro provenienza, il numero dei componenti del nucleo familiare nel caso ce ne fosse uno, da quanto tempo sono a Catania. A una qualsiasi domanda la risposta è stata sempre quel “Io non so niente” che sa tanto di casa nostra e forse anche di Cosa Nostra. Con questo non vogliamo alludere a niente di particolare ma nel caso specifico vogliamo solo segnalare che tutto ciò ci sembra alquanto strano. Il governo di Pechino ha chiesto spiegazioni riguardo i disordini milanesi. Ma non sarebbe il caso che i governi di molti paesi occidentali chiedessero spiegazioni al governo cinese?

Guglielmo Aprile

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