La nuova legge elettorale secondo il segretario Pd Raciti: «Buona norma, incentiva la riaggregazione»

Dalla legge elettorale alle sfide che attendono il partito Democratico dopo la pausa estiva. Il trentaduenne segretario del Partito Democratico siciliano, Fausto Raciti, ricostruisce le tappe del percorso che ha portato alla legge elettorale in discussione in questi giorni all’Ars e ammette: «Questa legge offre gli strumenti per riaggregare il meccanismo elettorale, perché non è vero che siamo nel tripolarismo, al contrario ad ogni tornata elettorale ci troviamo spesso davanti a un numero enorme di candidati e alla conseguente dispersione del voto e quel che più serviva era l’istituzione di un sistema che incentivasse la riaggregazione». 

«Come Partito Democratico – sottolinea – abbiamo provato a cercare una mediazione tra la distanza che si era venuta a creare con l’opposizione, in particolare con Forza Italia sul tema del secondo turno, e la necessità che non si cancellassero i ballottaggi. Bisognava indubbiamente venirsi incontro e trovare un compromesso. La soglia del 40 per cento ci è sembrata la soluzione migliore»

Secondo il Movimento Cinque Stelle, sarebbe una mossa per provare ad arginare la loro ascesa elettorale.
«Veramente a me risulta che proprio loro avessero presentato un emendamento che prevedeva una soglia di sbarramento al 35 per cento. Siamo stati noi a cercare un compromesso. In ogni caso l’obiettivo della legge non è certamente quello di sbarrare la strada a qualcuno, piuttosto di incentivare la coesione. Meno democratiche sono invece quelle situazioni che si sono verificate nel passato in cui, a fronte di numerosi candidati alla carica di sindaco, la frammentazione del voto era tale per cui, magari, finivano al ballottaggio candidati espressione del 10 o del 15 per cento dell’elettorato».

Anche sul quarto articolo, quello che disciplina la possibilità per i consigli comunali di sfiduciare i sindaci, non c’è stato accordo.
«Mi pare che alla fine un accordo si sia trovato sabato, quando a mancare era invece il numero legale per proseguire con i lavori d’Aula. Personalmente sono contrario a un sistema in cui il 50 per cento più 1 dei consiglieri possano sfiduciare un sindaco eletto direttamente, perché questo più che un meccanismo di democrazia rischia di diventare uno strumento di ricatto. Fosse dipeso da me avrei lasciato la sfiducia al 70 per cento dei consiglieri comunali, ma va bene anche la mediazione a cui si è arrivati, per cui le mozioni dovranno essere votate da oltre il 60 per cento dei consiglieri».

Tra i punti più discussi della legge elettorale c’è stato anche quello sul trascinamento.
«Resterà tutto com’era prima. I voti dei candidati ai consigli comunali andranno al sindaco collegato, a meno che non sia l’elettore ad esprimere una volontà differente, attraverso il voto disgiunto».

Risolto anche il tema legato alle mozioni di sfiducia, restano altri nodi da sciogliere?
«Politicamente non me ne risultano altri, poi è chiaro che dal dibattito d’Aula possono sempre emergere nuovi confronti, quello non si può prevedere. Mi ritengo soddisfatto del lavoro fatto finora, sono soprattutto contento del fatto che stiamo portando avanti una legge elettorale elaborata anche con l’opposizione, come è giusto che sia».

Un solo emendamento dei Cinque Stelle ha ricevuto l’ok dell’Aula ed è quello legato all’elezione del candidato più giovane in caso di parità di voti.
«È chiaro che si tratta di una eventualità remota, ma sono d’accordo con loro. L’approvazione da parte dell’Aula testimonia la capacità del Parlamento siciliano di recepire le novità. Lo ritengo un importante gesto di innovazione che l’Assemblea Regionale ha saputo compiere».

Nel corso del dibattito su questa legge molto si è discusso della possibilità di abolire la doppia preferenza di genere.
«Per noi è un paletto assolutamente irrinunciabile, che non può venire meno in ogni caso. Non lo capirebbe la Sicilia e non lo capirebbe l’Italia. Sarebbe un’involuzione fuori da ogni logica, proprio adesso che le donne hanno faticosamente conquistato un ruolo determinante nella vita politica, economica e sociale di questo Paese. Sarebbe ancora più inconcepibile in un momento in cui le donne pagano un prezzo altissimo a causa della crisi, come dimostrano gli alti tassi di disoccupazione giovanile».

Nell’elaborazione del testo di legge c’è stato spazio per un confronto con l’Anci?
«No. Ma non mi risulta nemmeno che l’Anci l’abbia richiesto. Però penso anche che le dichiarazioni di Orlando, secondo cui la legge andrebbe a suo sfavore, valgano un po’ da smentita per chi sosteneva che, al contrario, stessimo scrivendo una legge a vantaggio di Leoluca Orlando. Io non penso che le leggi si facciano a favore o a discapito di qualcuno, il legislatore deve al contrario guardare al bene comune e all’interesse di tutti».

Dopo la pausa estiva vi aspetta un autunno impegnativo, tra campagna referendaria ed elezioni nei Liberi Consorzi e Città Metropolitane.
«La pausa quest’anno sarà davvero breve, considerato che ospiteremo anche la festa de l’Unità in Sicilia. Dobbiamo dimostrare di avere forza, capacità e intelligenza per fare bene. E poi, al di là del referendum, il grande tema sociale di questo autunno sarà chiudere la vicenda dei precari nei Comuni siciliani».

Il tema delle stabilizzazioni sarà affrontato prima o dopo il referendum?
«Io spero prima, perché sono anni ormai che su questo tema si va avanti a proroghe. In ogni caso la campagna referendaria non c’entra, sono temi che ci siamo posti molto prima».

Nel pacchetto dei precari dei Comuni rientreranno anche quelli delle ex Province?
«Immagino di sì, ma l’operazione non comprometterà il futuro dei funzionari a tempo indeterminato delle ex Province. Non c’è contraddizione tra gli interessi dei precari e quelli del personale delle ex Province, provare a metterli in contraddizione è un gesto sbagliato, meritano risposte entrambi»

Miriam Di Peri

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