La Nazionale ai Benedettini

Ennesima Festa d’Estate ieri sera ai Benedettini. L’Ex Monastero accoglie l’invito della Facoltà di Lettere e si spoglia ancora una volta da quell’aria di sacralità di cui è rivestito nei giorni normali, aprendo il suo portone agli abitanti del quartiere e a tutti coloro che sono animati dalla sana passione calcistica per la nostra nazionale.

Complice il megaschermo montato nei pressi dell’Auditorium e il profumo dei panini della carne di cavallo l’affluenza si dimostra buona già fin da prima della partita, quando, avvicinandosi al monastero, si intravedono ragazzi armati di sedie per evitare di seguire la partita in piedi. Saggia intuizione, e dire che era anche scritto sul manifesto, ci avessimo pensato anche noi!

Comunque, bando agli indugi, l’ora x si avvicina e la gente diventa sempre più, meglio procurarsi un posto da cui godere di una buona visuale. Già, più facile a dirsi che a farsi, solo mettendosi in mezzo agli alberi sulla sinistra si riescono ad evitare le teste degli spettatori di fronte a noi, anche se così l’effetto 16:9 va a farsi benedire. Pazienza, meglio di niente. 

La partita comincia e ad ogni azione dei nostri si tira il fiato e si fanno gli immancabili commenti: “Ma perché ha schierato quello lì?“, “Dai che almeno 3 gol glieli facciamo a questi“, “A mia mi pari ianca stasira“. La folla esplode quando Gilardino ci porta in vantaggio e le bandiere sventolano in segno di gioia. Felicità effimera dato che purtroppo da lì a poco Zaccardo fa un pasticcio e regala un gol agli americani. Peccato, tutto da rifare, il violino di Giardino s’è già scordato. Da qui in poi prende il via una continua serie di espulsioni che, dopo lo sconcerto iniziale per l’espulsione di De Rossi (in realtà meritata visionando bene le immagini), ci riporta in una situazione di superiorità numerica. Almeno questo.

Si avvicina la fine primo tempo e decidiamo di anticipare il fischio arbitrale per andare a prendere un panino e una buona birra. Almeno stavolta siamo stati furbi, riusciamo a placare il nostro stomaco prima dell’ovvia ressa durante l’intervallo. Certo, se le zanzare ci lasciassero in pace sarebbe anche meglio, ad ogni modo, il tempo di una sigaretta e il pallone è di nuovo lì sul disco bianco, pronto a rotolare. Da qui in poi è una continua sofferenza, con occasioni mancate da ambo i lati e la continua speranza di una vittoria italiana che, purtroppo, non arriva. “Megghiu ca mi stava a casa” commenta un signore sfiduciato, e come dargli torto?

Il fischio finale sancisce la fine delle trepidazioni ed anche la chiusura di un’altra bella serata in cui abbiamo potuto vivere il monastero senza i libri sottobraccio, ma in un’atmosfera più rilassata, con una birra in mano.

Daniele Giuseppe Bazzano

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