La nave Mare Jonio dell’associazione Mediterranea saving humans torna in mare. Partirà domani da Marsala per una nuova missione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. È il primo viaggio dopo che l’imbarcazione era stata posta sotto sequestro (e poi dissequestrata) dalla procura di Agrigento a seguito del salvataggio, a 46 miglia dalla costa libica, di 49 migranti e il successivo approdo al molo di Lampedusa. A bordo non ci saranno il comandante Pietro Marrone e il capo missione Luca Casarini, che sono indagati con l’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
«La seguiremo da terra. Per rispetto dell’inchiesta – spiega Casarini – preferiamo restare a disposizione della magistratura. Ma siamo sereni, non abbiamo nessun problema. È qualcun altro – aggiunge – che deve preoccuparsi di finire indagato. Noi siamo sicuri di avere agito con serenità e secondo le leggi che qualcun altro, invece, ha violato». Lo scorso marzo, a meno di 48 ore da quando era salpata per la prima volta, l’imbarcazione battente bandiera italiana si era imbattuta in un gommone in avaria che imbarcava acqua. A bordo 49 migranti, di cui 12 si erano dichiarati minorenni. Alla richiesta di un porto sicuro, il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva risposto che «i porti erano e rimangono chiusi» e che i migranti «in Italia con il mio permesso non mettono piede».
Adesso, la nave della ong è pronta per un nuovo viaggio. «Se nei prossimi giorni dovesse effettuare un nuovo intervento di soccorso – afferma il capo missione – faremo come l’ultima volta perché rispettiamo le convenzioni internazionali e la necessità di dare un porto sicuro ai salvati. La Libia non lo è». Alla vigilia della nuova partenza in mare, Casarini ha raccontato anche di avere incontrato nei giorni scorsi l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice. «Gli ho raccontato della nostra ultima missione, del salvataggio fatto e lui, come segno di vicinanza, ci ha regalato il libro di Papa Francesco Anch’io sono del Sud con la dedica: “Sono con voi“. Lui ci ha detto – racconta l’ex leader dei Disobbedienti – che ogni vita salvata è un inno a Dio, dimostrando che si può provenire da strade diverse ma poi ci si incontra sui valori fondamentali, sul valore della vita umana e sul fatto che non si può restare inermi di fronte alla tragedia del Mediterraneo centrale».
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