La Madre-Palermo drammatica, ostinata e vitale di Emma Dante

di Gabriele Bonafede

 

La città d’origine è come la propria madre: non la scegli e rimane per sempre nella tua vita, che tu lo voglia o no. E, forse, solo noi palermitani possiamo capire i russi quando definiscono la loro patria “Madre Russia”: nel bene e nel male è la propria terra-madre che contribuisce a definire nascita e destino di ognuno.

Emma Dante parte quindi dalla sua Palermo con un film dal grande impatto psicologico e che racconta molto, moltissimo. Racconta più di quanto una storia sceneggiata e trasposta in film possa fare, a partire dal rapporto tra madre e figlia, e tra figlia e madre-città: tra figlia impregnata d’amore-odio per il posto e il contesto socio-culturale che ha costruito le proprie ossa d’infanzia e quello stesso angolo del mondo. E racconta anche di tanto altro in pochissimo tempo (un’ora e mezza) e in un luogo straordinariamente ristretto, una via di periferia di una specie di semi-favela  semi-rurale di Palermo.

La Palermo raccontata dalla regista in “Via Castellana Bandiera” è, insospettabilmente, quella realista. L’opera prima di Emma Dante parte da una storia di marginalità per arrivare a tematiche spesso “pensate” nella sceneggiatura, ma che scaturiscono anche dal “fare” sul set, fomentate dalla chiarissima arte innata della regista e autrice.

Arte, ma anche capacità organizzative nel formare un gruppo di lavoro, tra attori professionisti e non professionisti, in cui il ruolo di ognuno è ben disegnato e ben sbalzato, confermando le grandi qualità di direzione della Dante, di visione d’insieme, come di attenzione ai particolari, oltre che di straordinario intuito.

Fin dal prologo, molto interessante nel trattamento della personalità delle protagoniste e con un uso stupendo della macchina da presa, “Via Castellana Bandiera” è un film che provoca un viaggio incredibile da Palermo a orizzonti inattesi: visibili in qualsiasi città del margine, margine geografico e sociale al tempo stesso, margine di un’Europa il cui centro continua a chiudersi in se stesso senza capire le ricchezze della propria periferia, senza capire quella miniera di storie e modi di essere cantabili tanto con il pessimismo che con l’ottimismo e la cocciutaggine.

Palermo contraddittoria, Palermo drammatica, Palermo psicopatica e naturale al tempo stesso, Palermo comunque vitale nella propria tragicità, così ben chiaroscurata nella scultura di “Via Castellana Bandiera” da esaltare l’eroica quotidianità di tutti i personaggi, anche quelli che appaiono per pochi secondi.

Centrali le figure femminili, anche quelle non protagoniste, come quella madre-coraggio, Concetta, impersonata con una recitazione stupenda da Elisa Parrinello, che riesce a gestire in povertà tre bambini piccoli, insieme al rapporto con il marito, e a quello con una speciosa famiglia-allargata oltre che con tutta l’ambientazione d’ordinaria follia da “favela” palermitana: quella, appunto, di una via marginale eppure così centrale nella psiche della nostra città-metropoli mediterranea.

Psiche fatta anche materia viva, laddove Emma Dante riesce a raccontare con la macchina da presa e con tempi, suoni, e accostamenti-capolavoro, la distruzione del mondo dei campi di una metropoli caoticamente cresciuta divorando le realtà rurali di contorno: animali e paesaggi da quasi-campagna  appaiono soprattutto nel prologo del film addensando in pochi istanti una vicenda lunga, altrimenti  raccontabile con pagine e pagine di storia dell’urbanistica.

Una Palermo che ritrova dunque un ruolo europeo anche nel modo-linguaggio, espresso sia attraverso i dialoghi, sia attraverso le immagini, sia attraverso la folla di pensieri e supposizioni che travolgono lo spettatore nel corso della visione.

E se altri film palermitani di successo degli ultimi due anni hanno esaltato aspetti caricaturali, più o meno legati alla “mafiosità” e alla mafia, sondando la cascata di sensazioni che dal margine rimangono nel margine, Emma Dante ha invece evitato il capitolo mafia e mafiosità, per descrivere invece una grande, contraddittoria, anche malsana, umanità, anche laddove la troviamo distorta, regredita, e irrimediabilmente dominata dal bisogno e dal vile denaro.

È insospettabile umanità, questo realismo iperbolico della follia-Palermo, che catapulta il primo film da regista di Emma Dante in una dimensione che non rimane nel locale, ma che arriva molto più lontano.

Cosicché ritroviamo tante letture dello stesso film, come quello della “tortura della morte-o-non morte”, se così si può definire quell’avvicinarsi all’ultimo capitolo della vita, al possibile ultimo atto di vitale testardaggine, di un’anziana donna, Samira, realizzata meravigliosamente da Elena Cotta, che si scontra a testa bassa con un’altra donna, più giovane, Rosa.  

E quest’ultima non si rende nemmeno conto della tortura, fisica e psicologica, alla quale finisce per sottoporre la propria antagonista.  E nemmeno la dolcezza della sua compagna, Clara, potentemente impersonata da Alba Rohrwacher, pare dissuaderla dalla sua follia distruttrice e autodistruttrice.  Ne esce fuori una co-protagonista, Rosa, la cui cattiveria è altrettanto insospettabile e ampliata magistralmente da una Dante-attrice che si conferma ulteriormente dal teatro al cinema  anche nell’acting oltre che nella regia e nel filmmaking.

Ne discende un’ulteriore chiave di lettura del film che è sul ricambio generazionale della vita, sia esso al margine o al centro dell’attenzione sociale, sia esso naturale o mostruosamente distorto, sia esso interno o esterno alla famiglia, che è di grande insegnamento nell’avvertire la nostra generazione sull’accompagnamento alla terza età. E che solo l’intuito di Emma Dante poteva produrre, e per giunta  rivelandolo, probabilmente , anche a se stessa.

Nella Palermo di questo film, il personaggio Saro Calafiore è al centro dell’universo maschile rappresentato dalla Dante. Recitato dall’esordiente Renato Malfatti, regge l’intero dialogo film-spettatori per larghi tratti. Malfatti si rivela un attore che vince l’impresa di disegnare un uomo in chiaroscuro, complesso e d’umili origini allo stesso tempo, intuitivamente protettivo, ma capace di farsi portare dalle circostanze verso  dubbie imprese di quartiere.

Geniale, infine, l’allargarsi progressivo della strada, dove prima non ci si passava con due automobili una di fronte all’altra, e che invece via via diventa sempre più larga nel corso del film, fino ad accogliere ampiamente un’intera popolazione: come se tutto sia lì, nel capire che la via è stretta solo a causa delle ristrettezze della propria mente priva di capacità d’amare. E che, forse, si risolverà solamente nel sacrificio ultimo, apparentemente senza senso. Samira e suo nipote Nicolò (Dario Casarolo, solo 16 anni e già attore di pregio) vivono questo capitolo estraniandosi dal mondo apparentemente privo d’amore, anche nel linguaggio intimo, quello di Piana degli Albanesi all’occasione ma anche quello del silenzio, per recuperare invece un proprio mondo dove regna la testarda, tenera, comprensione reciproca.

Film da vedere, non solo per apprezzare un cast che fornisce una prova di spessore superiore, non solo per capire una delle tante anime di Palermo, non solo per farsi portare dalla corrente del naufragio, non solo per ricucire pensieri e sensazioni, ma anche, soprattutto, per apprezzare come, anche in una storia ambientata in un teatro-strada, la sperimentazione del cinema siciliano proponga mature riflessioni  al mondo del cinema italiano ed europeo così come alla conoscenza reale dell’Europa mediterranea  di oggi.

Le foto qui pubblicate sono di Valentina Glorioso e tratte dal sito http://viacastellanabandiera.it

Scheda Film:

TITOLO Via Castellana Bandiera

DURATA 90’

GENERE: Drammatico
REGIA: Emma Dante
SCENEGGIATURA: Giorgio Vasta, Licia Eminenti, Emma Dante
ATTORI: Emma Dante, Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Dario Casarolo, Carmine Maringola, Elisa Parrinello, Giuseppe Tantillo, Sandro Maria Campagna, Renato Malfatti

MUSICA Fratelli Mancuso

FOTOGRAFIA: Gherardo Gossi
MONTAGGIO: Benni Atria

PRODUZIONE: Vivo Film, OffSide, Ventura Film, Wildside Media; in collaborazione con Rai Cinema, RSI Televisione Svizzera, SRG SSR idée suisse, Cofinova 9, Cinecittà Luce

DISTRIBUZIONE: Cinecittà Luce
PAESE: Svizzera, Italia 2013
FORMATO: Colore


SOGGETTO:
Tratto dall’omonimo romanzo di Emma Dante.

USCITA CINEMA: 12 Settembre 2013 a Palermo, 19 Settembre 2013 in Italia

Gabriele Bonafede

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