Cacca
Tengo fede al titolo di questa rubrica (“Se i gatti parlassero”) e inizio scrivendo di Fata, la gatta che vive con me. Giorni fa dopo averne pulito la lettiera, la micia reclamava la definizione d”artista” e qualche crocchetta speciale quale premio per lo status acquisito, avendone io sotto gli occhi (ed il naso) la prova visibile.
Tranquill*, non è rebus, né ho iniziato ad assumere sostanze psicotrope, semplicemente mè venuto in mente il soggetto duna mostra prossima ventura cui i giornali stanno dando un certo rilievo. Mi guarderò bene dal proporvi di fare anche un solo chilometro per recarvicisi: basterà infatti che facciate pochi metri a casa vostra e (a tempo variabile in base al bisogno) una volta alzativi dal water avrete raggiunto simile risultato, e vi sentirete pure un po artisti.
Se pensate che sto delirando (non sarebbe male: meglio il delirio dun singolo che dun gruppo di persone) mi spiace deludervi, ma il fatto che su proposta di Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura, la Giunta Comunale di Milano stia per organizzare una serie diniziative “artistiche” dedicate alla “Cacca” (presentazione grafica: copertina bianca rigida e scritta in azzurro, con caratteri e grafia infantile anche i bambini sono artisti n.d.r.) dimostra come le righe dapertura di questo pezzo abbiano piena dignità.
Vedere on line, sul sito duno dei maggiori quotidiani nazionali, i pezzi di plastica di forma oblunga e/o curviforme che comporranno la mostra, oppure le foto di Vittorio Sgarbi e Oliviero Toscani, “opere darte” in mano, sorridenti per i flash in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, dà lidea di cosa non si faccia per stare sulla cresta dellonda, in pratica la versione istituzionale dun reality show.
Che poi alla cosa si voglia dare dignità richiamando alla memoria la “Merda dartista”, il barattolo ove Piero Manzoni del 1961, appiccicandovi sopra unetichetta con scritto “Merda dartista”, rinchiuse ciò che Leonardo Da Vinci scrisse di più duno/di molti:
“Sono solo transito per i cibo ingozzato e produttori di sterco! Di loro non resterà nessuna memoria; se non i cessi intasati dalla loro ignoranza!” –
il fatto che si voglia dare dignità, scrivevo, al tutto richiamandosi ad unopera di rottura (quella di Manzoni. Messaggio: non conta lopera ma la firma) del 1961 non cambia la sostanza dellevento, né lo cambia il fatto che questo venga contornato da eventi ed approfondimenti dedicati e pure dun libro fotografico dellastuto ed abile Toscani. – E qui mi vengono in mente le sue campagne pubblicitarie con foto di malati di AIDS, uniformi macchiate di sangue di soldati morti e altro, col nobile scopo ufficialmente – di portare la gente a riflettere, con la consapevolezza nella realtà che invece ormai tutto fa spettacolo e quanto più lo fa, tanto più a lungo si fissa nella mente delle persone il nome della ditta pubblicizzata -.
Oltre a ciò, mi fa riflettere che la giunta meneghina abbia “sedato” molto Sgarbi riguardo lo spazio e la risonanza che questi voleva dare ai graffiti presenti sui muri del centro sociale Leonkavallo, da lui definiti “la Cappella Sistina della modernità”, con la motivazione (dichiarazione dun politico di primo piano) che larte è libera, ma che un Assessore deve tenere conto del proprio elettorato (pensando a questa dichiarazione e vedendo che il Comune organizza tutta una serie di eventi sulla “cacca”, beh, fossi un elettore di tale Giunta e facessi uno più uno diciamo che non farei salti di gioia).
Spray
Oltretutto, per ricordare come ormai i graffiti siano effettivamente una forma darte contemporanea, non occorre certo ricordare le molte pubblicazioni loro dedicate, in particolare quelle con le bellissime immagini impresse sul metrò di New York, né occorre richiamare alla memoria artisti quali Keith Haring e Jean Michel Basquiat. Ormai nel gotha dellarte moderna, i due mossero i primi passi artistici sulle pareti di vecchi edifici metropolitani, senza di certo pensare che partendo da lì sarebbero arrivati nelle gallerie darte planetarie.
E qui, stante che Haring è parecchio conosciuto, mi permetto di suggerirvi la visione di “Basquiat”, pellicola realizzata da William Schnabel, artista oggi “a la page” e critico darte amico di “Samo”, lo pseudonimo con cui Basquiat firmava i propri graffiti. Un bel film con unottima colonna sonora, composta da brani scelti fra i preferiti dallartista afro-americano di cui viene narrata la storia, ed un cameo di David Bowie che interpreta magistralmente Andy Warhol.
Dare spazio e solennizzare la cacca piuttosto che i graffiti
segno, firma dei tempi, parafrasando Sign O the times, capolavoro musicale di Prince
Musica
Prince e pensare alla sua “Sexy Motherfucker” mi fa venire in mente un urlo che è rimasto nella storia del rock: 1968, notte di Halloween, in una serata aperta da Iggy Pop e i suoi Stooges, una band registra il suo primo album direttamente dal vivo, davanti ad un pubblico trascinato nel vortice sonoro: sono gli MC5, figli di Detroit, il titolo dellopera è “Kick out the jams”.
Il disco esce lanno successivo e non ha vita facile, non per il suono (un grido rock con pochi pari) ma per le convenzioni sociali cui va contro. Loro guida è John Sinclair, il leader delle Pantere bianche la versione bianca delle Pantere Nere portavoce di un discorso rivoluzionario rivolto contro la cultura dominante, con più mezzi, incluso il rock & roll, la droga, e la libera sessualità.
Rimane nella storia quel “Kick out the jams, motherfuckers” gridato in quella notte di Halloween dal cantante della band, anche se quel “motherfuckers” sarebbe costato loro caro.
Il colpirli per quella parola era innanzitutto pretesto per colpire linsieme del loro discorso (non pongo sullo stesso piano Sinclair, gli MC5 e Pasolini, ma avete presente i film di Pasolini censurati per “offesa al comune senso del pudore”, mentre qualunque film porno non aveva problemi di diffusione ? Stessa dinamica, stringi stringi), mentre nessunissimo problema per Prince quando usa il temine nel 1992, aggiungendovi “Sexy”, per acquisire spazio e fare soldi, facendo leva sulla “pruderie”, indi in modo socialmente non pericoloso o alterante Sign of the times, per lappunto.
Ops
Mi accorgo che ho già occupato molto spazio e forse annoiato, perciò termino larticolo richiamandomi alle prime righe meglio la cacca dei graffiti
Adeguiamoci.
O no ?
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