La Freedom Flotilla III a Palermo «Servono azioni politiche concrete e tanto amore»

Si commuove Wellu Koivisto,  il capitano della Freedom Flotilla III, da lunedì al porticciolo della Cala di Palermo. Quando parla, sfrega continuamente la sua mano al centro del petto, cerca di non farsi prendere dall’emozione perchè quello che ha da dire è importante. Ma il dolore e la fatica sono così grandi che quando trovi qualcuno che ti ascolta, è inevitabile lasciarsi andare alle lacrime. «Abbiamo bisogno di amore, soprattutto di quello perchè è quello che manca – ha detto alla gente intervenuta per accogliere l’imbarcazione svedese, giunta dalla Spagna – e servono azioni politiche concrete. Noi dobbiamo trovare il modo di entrare a Gaza, ora più che mai».

E non è un caso infatti che le donne palestinesi abbiano recentemente chiesto la realizzazione di casa rifugio con sostegno psicologico per se stesse e per i loro bambini, una struttura a cui potersi rivolgere nei casi di violenza familiare. La solidarietà è importante e ce n’è tanta, ma servono azioni politiche concrete, e rispondendo alla domanda di MeridioNews relativa proprio ai governi e a quali sono quelli che in questo momento sostengono la Freedom Flotilla con azioni che hanno un effetto reale, che possano aprire un canale, il capitano Wellu  ha detto: «Solo il governo della Svezia  si sta muovendo in concreto, da parte degli altri arrivano solo parole di solidarietà ma che non risolveranno la questione palestinese, che non ci faranno entrare al porto di Gaza e che non ci permetteranno di portare a quella gente gli aiuti di cui anno bisogno. A parte alcuni parlamentari che hanno fatto parte della Flotilla e quindi a parte azioni individuali, con i governi c’è ancora molto lavoro da fare. La Svezia dà un supporto grosso, infatti riesce ad avere una barca. Bisogna fare delle scelte ben precise. Una di queste è il boicottaggio. Io sento – ha aggiunto –  e porto nel cuore tutte le persone che seguono questa missione e la portano a loro volta nel cuore. Come chi era sulla nave Estelle. Chiunque abbia dell’umanità deve muoversi per la giustizia, la pace e in questo caso per Gaza Libera. La sofferenza che noi viviamo ogni volta è nulla paragonata a quella del popolo palestinese che da 60 anni vede ogni giorno Gaza sotto assedio e, casa per casa, espropriata la loro terra».

Tra i membri dell’equipaggio c’è anche  Amer Sarsur, giovane palestinese, rifugiato di terza generazione in Svezia. Non ha mai visto la sua patria. «Se sono su questa nave è per chiedere al Governo israeliano che sta agendo in questo modo terribile, di cessare l’assedio verso il popolo di Gaza . Io spero di poter ritornare a casa un giorno così come sancito dalla risoluzione Onu 194, per 5 milioni di palestinesi in tutto il mondo. Voi state con noi e noi stiamo con voi – conclude -. Tutti insieme dobbiamo mostrare la strada affinché questo avvenga. Siamo tutti la stessa cosa, tutti esseri umani». 

E per ricordarci di “restare umani“, sul tavolo allestito per la conferenza stampa con il presidente della Regione Rosario Crocetta e con Vincenzo Cannatella, presidente dell’Autorità portuale, c’era un telo con l’immagine indimenticabile di Vittorio Arrigoni, volontario ucciso per la sua battaglia per la libertà e i diritti umani portata avanti proprio da quel territorio. E soprattutto per le informazioni che riusciva a far trapelare. 

Paola Mandato, coordinatrice nazionale del movimento degli attivisti in Italia, ha ricordato quello che accadrà quanto tenteranno di avvicinarsi al porto di Gaza: «Non dovrebbe esserci alcun impedimento ad avvicinarsi ma invece ci sarà un primo contatto radio, militari israeliani diranno che l’imbarcazione non è autorizzata e noi risponderemo come sempre che non esistono barche non autorizzate ma esistono assedi non autorizzati». 

«Io non so se questa flotta riuscirà ad arrivare a Gaza – ha detto il governatore Crocetta –  ma ritengo che già il fatto che si metta in campo una lotta contro una cosa inaccettabile come questa sia già un’appropriazione della libertà. Non dobbiamo sottometterci. A questo polo viene negata la possibilità di esistere, l’Occidente deve affrontare con forza la vicenda della Palestina, soprattutto oggi che  sembra essere meno sotto i riflettori. Parliamo di un popolo che protegge la minoranza cristiana che ha il suo interno, fino al punto di riservarle quote del parlamento palestinese. Cosa che non esiste nel parlamento israeliano.  La mancata soluzione del conflitto palestinese è uno dei temi che ha creato lo scontro tra Occidente e mondo arabo, non dimentichiamolo. A loro viene negata la libertà, non credo che gli Stati Uniti e l’Europa avrebbero tollerato situazioni simili in altre parti del mondo se la minoranza perseguitata non fosse stata una minoranza araba e musulmana.  Arabi e israliani devono trovare una coesistenza ma a questo punto sono gli israeliano devono fare un passo, ovvero cedere una parte di un territorio che gli appartiene ai palestinese. L’Europa – conclude Crocetta – riconosca formalmente che collaborare con la Palestina è un fatto importante che va oltre alle semplici astratte dichiarazioni delle organizzazioni umanitarie e delle commissioni europee». Ma un’impegno in tal senso, va preso adesso, il prima possibile, non è più tempo di tergiversare. 

E un passo concreto è appunto, l’accoglienza, che Palermo ha dato con la possibilità all’imbarcazione di approdare alla Cala, «Come presidente autorità portuale questo è il minimo che posso fare – ha detto  Vincenzo Cannatella –  perché il viaggio dell’imbarcazione, partita dalla Scandinavia, è parte fondante di un progetto nato dalla società civile e incluso nella rete ‘International Freedom Flottilla coalition’ che ha promosso numerose iniziative per i diritti umani nella striscia di Gaza. La Sicilia ha solide radici nell’impegno solidale nei confronti dei popoli in difficoltà».

Marianne partirà adesso per Messina e da lì poi alla volta di Gaza, portando con se sostegno e speranze e soprattutto l’abbraccio della Sicilia.

Marta Genova

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