La fotografia al cinema? È un’arte tradizionalista

Ci sarà anche Adolfo Bartoli tra i docenti del “Centro studio Laboratorio d’arte” lanciato a Catania dall’attore Alfredo Lo Piero, e che partirà il prossimo 27 ottobre con una serie di seminari – per il primo mese aperti a tutti – in materia di recitazione, dizione, sceneggiatura, scrittura giornalistica, cinematografica e musicale. Bartoli, che insegnerà tecnica cinematografica, è stato assistente di Pasqualino De Santis (premio Oscar per la fotografia), ha firmato gli effetti speciali del film “Pinocchio” di Benigni e di diverse serie televisive come “Il bello delle donne 3”, “Carabinieri 5 e 6”, “ Miracolo a Palermo” e altri. Abbiamo parlato con lui del suo lavoro in occasione di un incontro tenutosi lo scorso martedì, cui ha preso parte anche l’assessore provinciale alla Cultura Serafina Perra.

Quanto ha influito, secondo lei che ha una lunga esperienza lavorativa nel campo della fotografia, l’avvento del digitale nei set cinematografici?
«In verità il digitale non è ancora in uso per il grande cinema così come per la maggior parte delle fiction televisive. Pochi sono gli esperimenti in merito al digitale nell’ambito cinematografico e il processo con cui le attuali tecniche fotografiche saranno sostituite è ancora lungo».

Lei ha lavorato per diversi anni all’estero, cosa ci racconta delle sue esperienza statunitense?
«Dopo aver girato “Il pozzo e il pendolo”, tratto dal famoso racconto di Edgar Allan Poe, nel 1988 il mio esordio nella cinematografia americana ha trovato riscontro positivo e per ben 10 anni sono rimasto a Los Angeles curando la direzione fotografica per diversi film tra cui “Conan l’avventuriero”, “Sabrina va a Roma” e altri, sempre sospeso tra Stati Uniti e Italia».

Che valore ha per lei il lavoro di restauro di macchine da presa di cui si occupa per conto della AIC (associazione italiana autori della fotografia cinematografica)?
«Per me è più che altro una passione lavorare con i ”vecchi cimeli” del cinema e la prima cosa che ho fatto non appena arrivato a Catania, splendida città e ideale set cinematografico per certi film, è stata infatti visitare il museo dl cinema che ho molto apprezzato. Le macchine da presa di cui mi occupo per il restauro, oggi sostituite da macchine più piccole, vintage camere, risalgono in genere al periodo 1940-1970 e acquistano maggiore valore se, oltre ad essere restaurate, vengono rese funzionanti».

Dalle prime esperienze lavorative che la vedevano impegnato nella firma di immagini per documentari ora si è trovato a lavorare anche al fianco di grandi registi come Benigni nel film “Pinocchio”. Come è stato per lei collaborare con una figura di tale spicco nel mondo del cinema?
«Per quanto riguarda Benigni posso dire che si tratta sicuramente di un personaggio particolare… e in relazione al mio lavoro sul set di “Pinocchio” ricordo con piacere le passeggiate girando per i piccoli paesi dell’Umbria nei pressi di Collodi e Montepulciano in cerca di immagini caratteristiche dei luoghi da riprodurre sul set del film che è stato interamente girato a teatro. Per quel che concerne il lavoro e le presenze più o meno importanti che hanno costruito e arricchito pian piano la mia esperienza cinematografica, non trovo alcuna differenza nel lavorare con grandi registi, per film importanti o per semplici documentari, poiché il mio lavoro verte sulla fotografia e la fotografia è arte in ogni caso».

Federica Motta

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