Cos’è e cos’è stata la formazione in Sicilia se non la fabbrica dello spreco, la dispersione di risorse finanziarie che, in questi anni, se ben gestite, avrebbero potuto far fare il salto di qualità alla nostra terra? Si può consentire che il disastro continui? E’ giusto che tanta gente, e sono soprattutto i giovani, venga illusa? E’ ancora tempo del clientelismo parassitario? E’ giusto che l’approssimazione continui a frenare qualità e impegno? Non è il caso di dire, una volta e per tutte, basta ?
Sono tutte domande che il cittadino onesto, sulla cui pelle ricadono gli effetti perversi di un sistema deviato – perché solo così lo si può definire – si pone giornalmente osservando quanto accade in un comparto che, come lo si considera a livello europeo, dovrebbe essere vitale per lo sviluppo di questa disgraziata regione che, nonostante i proclami di buona volontà, continua a collocarsi ai livelli più bassi rispetto al resto del Paese.
La gente – che non è stupida come pensano quanti, politicanti e faccendieri, la continuano a tenere sotto ricatto – la gente si chiede a che serve, o a chi serve !, la formazione in Sicilia. E’ inutile il gioco a nascondere, la gente ha compreso il carattere perverso del meccanismo da anni messo in atto non a favore solo di qualcuno, ma soprattutto a danno della Sicilia. Diciamolo senza peli sulla lingua, la formazione serve solo a chi ci lavora, a chi la gestisce e ci fa perfino affari, a chi, in un vergognoso rapporto di scambio, ne ricava consenso elettorale. La formazione serve dunque solo ai formatori, a gente bisognosa, troppo spesso assolutamente non qualificata, che scambia consenso con lavoro!
La formazione serve solo a qualche titolare di ente, magari costruito sul momento, per speculare sui bisogni della gente e sul denaro pubblico! La formazione serve solo a chi garantisce questo enorme bacino di consenso, magari con piccoli ricatti o basse intimidazioni! A questo serve la formazione in Sicilia, questo è l’inganno che luciferinamente viene ordito contro le reali aspettative della nostra terra. E’ questo l’inganno di cui si sono resi complici tutti, nessuno escluso, destra, sinistra o centro, maggioranze e opposizioni, sindacalisti e imprenditori.
Ecco allora la necessità non di una riforma, come quella di cui si sta facendo carico l’attuale assessore regionale, ma di un azzeramento dell’intero comparto, della liquidazione di questo perverso sistema di “non” formazione. Per risolvere alcuni problemi obiettivi, si potrebbe ripetere l’operazione che si fece molti anni fa per il settore minerario, mandando a casa gli addetti al settore con un’indennità adeguata, sicuramente si spenderebbe meno rispetto del mantenimento dell’attuale sistema parassitario.
E la formazione? Chi farebbe la formazione? Questo importante carico dovrebbe essere spostato su quelle istituzioni che sono, naturalmente e professionalmente, legittimate a svolgere questi compiti. Mi riferisco al mondo della scuola, agli istituti di formazione professionale – sui quali, almeno, si manifestano controlli idonei – che garantiscono docenza qualificata e che si impegnano in progetti utili capaci di soddisfare le vere domande del mercato del lavoro. Al di là delle chiacchiere, mi pare che, operando in tal modo, si potrebbe produrre una svolta, un cambiamento serio nel modo di gestire e di amministrare, un cambiamento che non potrebbe ricevere altro che apprezzamento da chi , e sono i più, si è quasi rassegnato alla improduttività di un’autonomia regionale siciliana, divenuta ricettacolo di interessi di basso profilo, da tempo incapace a costruire futuro per le giovani generazioni.
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