Hanno festeggiato così, tutti insieme attorno ad una lunga tavolata apparecchiata per 45. Tanti sono gli invitati, cui ogni anno il 19 marzo, in occasione della festa di San Giuseppe viene donato un pranzo dalla famiglia Li Causi. La location è piazzetta san Francesco di Paola, di fronte alla omonima chiesa.
Loro, gli invitati, sono i poveri, i senza tetto della città, sono uomini donne, ragazzi, disoccupati. Alcuni di loro erano già lì alle 9, per prendere quel posto a tavola per una giornata speciale.
«Noi ringraziamo la famiglia Li causi – dice Carmela che ha 54 anni – questa solidarietà è importante. Ma è il comune che dovrebbe aiutarci e invece siamo abbandonati a noi stessi. Io sono separata e ho tre figli. Non ho un lavoro e non riesco a trovarne, come devo fare?»
Piero invece di anni ne ha 59: «Io non ho alcuna speranza di trovare un lavoro, – dice – alla mia età non mi prende più nessuno».
Al tavolo c’è anche Alessandro Castigliane, 38 anni. E’ felice di esserci perchè lo scorso anno non ha partecipato al pranzo «Perchè? – dice a voce bassa -. Perchè ero in galera, signorina, per scontare una pena definitiva di due anni, per omicidio involontario». E ancora c’è Vincenzo Alamia, 49 anni, aspirante cantante «Mi dicono che sono bravo, sia con la lirica che con la musica leggera, mi piacerebbe poter trovare un lavoro in questo ambito? Lei mi può aiutare?».
Ad organizzare da oltre 40 anni, questo pranzo di San Giuseppe è la famiglia Li Causi: «Il primo è stato nostro padre – raccontano Rosario e Giovannello -. Si chiamava Pippo. E’ morto poco tempo fa e sul letto di morte ci ha chiesto di continuare questa tradizione e di non dimenticarci dei poverelli di questa città e così abbiamo fatto». Il signor Pippo era persona molto religiosa e generosa (ha persino donato, al santuario di Santa Rosalia, i portoni in legno, ndr) e queste due cose lo spinsero ad organizzare questi pranzi che nel tempo si sono sempre ripetuti diventando ormai una tradizione.
Alle 13 il pranzo è stato servito. Musica, risate, qualche lacrima, nel tentativo di dimenticare, per qualche ora, di essere gli ultimi, in una città che purtroppo non riesce ad occuparsi di loro.
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