Lo Sconcerto è avvenuto solo verso la fine. Quando dopo circa unora intensa di concerto è calato il sipario. Un grande lenzuolo bianco. I proiettori iniziano a sparare a tutta forza immagini della nostra italietta rappresentata in tv. La scritta Sconcerto in alto a sinistra. Un blob che non ti aspetti. Sì, non ti aspetti questo da un concerto di Carmen Consoli. E per dire il vero non ti aspetti neanche tutto quello che cè stato prima e che ci sarà dopo. Stupore e meraviglia.
Il sipario, inizialmente, si era alzato giusto un attimo dopo lultimo tocco del parrucchiere proprio sul palco. Lei, Carmen, è lì dietro. Sola: voce e chitarra classica. Partono le note e la sua voce è lì, come forte consolazione allo smarrimento. E carica di nuove energie la cantantessa. La grinta è quella di una volta, ma la direzione è inversa, implosiva. La chitarra, si diceva, limbraccia subito e non la molla più, come suo solito. Però, stavolta, non è quella elettrica, non quella rosa-shock. Solo due, acustiche.
Già, la direzione vira proprio verso un suono acustico, morbido. Sempre di un concerto rock si parla, ma con violino, contrabbasso e contrabbasso elettrico. E le ritmiche, sghembe rispetto a quelle lineari a cui eravamo abituati. E lanimo ruvido che si trasforma in velluto. Sono i fiati ad aggiungersi e anche una sentimentale e sensuale vena etnica più un anticchiedda di marranzano e di fisarmonica.
Carmen il palco lo riempie tutto, sinuosa. I capelli sono lunghi dietro le spalle, jeans appena sotto il ginocchio, camicie a righe, collane e scarpe aperte. Lei il palco lo riempie tutto con i suoi giochi di voce e le ritmiche nuove dei nuovi pezzi e di quelli vecchi. Tutti li cantano, tutti si straniscono, tutti applaudono.
La scenografia è scarna, qualche gioco di luci, delle grosse cornici senza quadro e dei ghirigori che si formano alle sue spalle. Lì cè la band, dieci in tutto. Compreso il suo braccio destro. Quel Massimo Roccaforte che è lì in ogni momento, quasi a sorreggerla. Presenza poco visibile ma di sostanza.
Ecco dunque che il coraggio dellartista viene dettato forse da una necessità. Il cambiamento è palpabile. Restare uguali per mutare profondamente. E viceversa. Perché i continui rimandi col suo passato ci sono tutti, nelle movenze, negli scatti, nei sussulti. Perché delle volte fa più male una carezza che tante urla. E dolce la sua forza, soffice il suo cantare.
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