La deriva dell’ informazione

Lo sciopero dei giornalisti dello scorso fine settimana è passato quasi in sordina, sia perché l’attuale fase storica ha visto nel nostro paese numerosi scioperi per adeguamenti contrattuali, sia perché alcune testate hanno comunque deciso di andare in stampa.

 

Tuttavia, le reali motivazioni che hanno spinto i giornalisti professionisti a rinnovare gli scioperi, che già da molti mesi hanno avuto luogo in Italia, vengono pressoché ignorati o sottovalutati dall’opinione pubblica. Finora si è assistito a scioperi di categoria che rivendicavano soprattutto miglioramenti salariali, ma questa volta il tasto economico non viene messo in discussione. Ciò che si rischia e per cui si sciopera è l’esistenza di una categoria ben precisa: quella dei giornalisti professionisti che fanno parte dell’ FNSI (Federazione Nazionale della Stampa Italiana). In tutta la penisola si moltiplicano gli scioperi e le vertenze contro gli editori che stanno attuando un’operazione di ‘scrematura’ del personale ed esempi ben più vicini a noi, come quelli della vicenda Telecolor, ne sono una prova tangibile.

 

Per capire cosa realmente stia accadendo, abbiamo sentito Luigi Ronsisvalle, segretario nazionale aggiunto dell’FNSI.

L’analisi di Ronsisvalle è molto chiara. “Da dieci anni – dice –  è in atto un’operazione, portata avanti dai gruppi editoriali, che punta all’abbattimento del costo del lavoro, attraverso la sostituzione progressiva di dipendenti con contratti FRT (contratti di videoreporter con costi molto competitivi. ndr.) ai giornalisti FNSI, mandando quindi a casa chi costava troppo e inventando il prepensionamento per questa categoria. Negli ultimi quattro anni gli editori più oltranzisti hanno mandato in pensione 80 giornalisti”.

 

Dopo questa prima fase, adesso ci troviamo nella situazione in cui “gli editori – dichiara Ronsisvalle – sferrano l’attacco finale, puntando a eliminare le garanzie contrattuali e gli scarti (l’adeguamento salariale del contratto al costo della vita. ndr.) e ampliando la licenziabilità delle figure giornalistiche fino al livello dei capi servizio”. Il programma è quindi quello di applicare anche all’ambito giornalistico e dell’informazione la ormai  inflazionata ‘flessibilità’ del lavoro. Flessibilità che, a detta dello stesso Ronsisvalle, non è strutturalmente applicabile in un giornale, che è “un’opera intellettuale collettiva della redazione. Se si fa come in un salumificio – conclude – non se ne può fare nulla”.

 

Quello che sta vivendo in questi giorni la redazione di Telecolor è esattamente questo. La maggioranza della redazione (composta da giornalisti FNSI) rischia di essere licenziata proprio secondo questo principio, benché le motivazioni addotte dall’editore siano partite da valutazioni economiche legate ad un presunto bilancio in passivo dell’azienda, subito smentite dalla redazione, conti alla mano.

Quali potrebbero essere le conseguenze di questa ‘ristrutturazione forzata’ del comparto giornalistico locale e nazionale? Come lo stesso Ronsisvalle denuncia, “si stanno mandando a casa i cervelli dei giornali che ne risulteranno indubbiamente impoveriti. Non ci sarà più nessuno con l’esperienza e la professionalità da tramandare agli altri. Inoltre – conclude Ronsisvalle – l’abbattimento del costo del lavoro porterà i futuri giornalisti a ‘vendersi’ al migliore offerente, rischiando di essere licenziati se non si attengono alle indicazioni editoriali”.

 

Aspetto ulteriore che non si deve sottovalutare riguarda la copertura previdenziale dei giornalisti. Attualmente, infatti, i giornalisti professionisti versano parte del proprio stipendio all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI), un istituto di categoria non statale come la più conosciuta INPS. Nell’ipotesi di una sostituzione dei contrattisti FNSI da parte dei ben più ‘economici’ FRT, verrebbe a crearsi una situazione in cui per pagare le future pensioni saranno necessari molti più giornalisti rispetto alla situazione attuale, mettendo quindi a rischio la copertura previdenziale dei giornalisti professionisti.

Tutto questo per abbattere il costo del lavoro e gestire internamente le televisioni e i giornali.

“Nella richiesta del rinnovo dei contratti – ribadisce Ronsisvalle – i giornalisti non hanno mai parlato di soldi, come i metalmeccanici, ma di sopravvivenza della categoria”.

 

Siamo giunti ad un’informazione alla deriva?

“Non ancora – risponde il segretario nazionale – ma stanno dando una bella spinta affinché ci si arrivi”.

Michele Spalletta

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