La corsa all’oro che distrugge le Ande

La globalizzazione del capitalismo, dell’industria, dell’economia esiste ormai da anni però non siamo stati in grado di globalizzare il concetto di società solidale. L’attenzione mondiale gira attorno ad importanti notizie: il quasi default della Grecia, la catastrofe economica italiana, la possibile caduta dell’euro, la crescita delle economie dei Paesi d’oltreoceano. Fra tutte queste grandi notizie sui grandi problemi i media insistono per settimane con mega titoli dedicati all’incidente della Costa Concordia, ai torbidi affari della figlia dei reali di Spagna, alla rivoluzione dei nuovi vespri Siciliani – i “Forconi” – e, peggio ancora, alle vacanze di politici e vip. Tutto ciò fa sì che cadiamo nei soliti luoghi comuni, e la sensazione è quella che vogliano farci vivere con una benda sugli occhi o con lo sguardo rivolto verso ciò che vogliono farci vedere.
Da questa parte del mondo, in America del Sud, che indubbiamente sta crescendo economicamente, anche noi abbiamo i nostri problemi, e i nostri occhi bendati, anche qui i grandi titoli giornalistici attirarono la nostra attenzione con la catastrofe della nave italiana, la chirurgia della nostra presidente, la crescente inflazione, il fluttuante prezzo del dollaro e così via.
Un chiaro esempio del Paese che non guardiamo sono le società minerarie che spudoratamente stanno distruggendo i ghiacciai e la Cordigliera delle Ande per estrarre oro, argento e rame, beneficiati da importanti agevolazioni fiscali. Una fra queste, la società canadese Barrick Gold, che nella miniera di Veladero, in provincia di San Juan, in Argentina, estrae oro in piena Cordigliera delle Ande a oltre 4 mila metri di altezza, in mezzo alle cime innevate, dinamitando e triturando 36 mila tonnellate di roccia ogni giorno, distruggendo un intero ecosistema, contaminando l’ambiente, consumando 300.000 metri cubi di acqua e depositando in grandi dighe di decantazione le acque contaminate con cianuro, acido solforico, mercurio e altri metalli pesanti.
La stessa metodologia di estrazione viene utilizzata sempre dalla stessa società nella miniera di Pascua Lama, sempre nella provincia di San Juan. Per ottenere un grammo del prezioso metallo dinamita, trasporta e tritura più di 4 tonnellate di rocce. Pochi sanno infatti che un grammo d’oro dei nostri tanto amati e ambiti gioielli, equivale alla distruzione di 4 tonnellate di roccia, 380 litri d’acqua, 44 kWh di energia elettrica, 2 litri di diesel, 1,1 kg di esplosivo, 0,850 kg di cianuro.
Al termine dello sfruttamento di questo giacimento, la Barrick Gold avrà lasciato come conseguenza un impatto ambientale catastrofico:

Roccia rimossa: 1.806 milioni di tonnellate

Acqua utilizzata: 170 milioni di metri cubi

Cianuro: 380.000 tonnellate

Esplosivi utilizzati: 494.000 tonnellate

Diesel: 843 milioni di litri

Benzina: 22 milioni di litri

Lubrificanti: 57 milioni di litri

Energia elettrica consumata: 110 MW

Un altro grave esempio è la miniera La Alumbrera (gestita dalle società Xstrata Plc (Svizzera), che detiene il 50% delle azioni, dalle canadesi Goldcorp Inc ( 37,5%) e Yamana Gold socia col 12,5%), nella località di Andalgalá, in provincia di Catamarca, che funziona da 12 anni e che è stata più volte denunciata per la fuoriuscita di fanghi contaminati che si disperdono nel corso del fiume Vis-Vis. A questo importante danno ambientale si aggiunge l’elevatissimo consumo giornaliero di acqua, 150 mila metri cubi estratti dall’acquifero di Campo de Arenal, che rappresenta una grande riserva d’acqua. Questa società trasporta l’oro attraverso un mineralodotto di 316 km di lunghezza che attraversa le provincie di Catamarca, Santiago del Estero e Tucumán per arrivare alla stazione di filtraggio di quest’ultima provincia. I residui trasportati vengono poi depositati nel canale DP2 in Tucumán che finisce per sfociare nel lago della diga Termas de Río Hondo, località di importante rilevanza turistica.
Imprese di questo tipo possono essere considerate l’industria più contaminante e devastatrice al mondo per il medio ambiente, poiché in una prima fase viene estirpata tutta la vegetazione. Successivamente viene rimosso tutto lo strato di terra che ricopre la roccia, dopodiché ha inizio il cosiddetto sfruttamento del territorio con l’utilizzo di grossi quantitativi di esplosivo per la rimozione delle rocce; esplosioni che lasciano immensi crateri in mezzo alla Cordigliera, decapitando le vette innevate, distruggendo i ghiacciai, modificando il corso dei fiumi per servirsi delle loro acque, e lasciando dietro di sé grandi distese di terreno occupate dalle dighe piene di acque o fanghi contenenti immense quantità di prodotti chimici altamente contaminanti, che continueranno ad inquinare sempre più l’ambiente circostante, le falde acquifere e i corsi d’acqua. Questo sta già causando la distruzione di tutto un ecosistema, compromettendo così il futuro della regione, dei suoi abitanti, della sua flora e fauna.
Solo ultimamente la Barrick Gold ha riconosciuto di aver deviato il corso del fiume Potrerillos per servirsi delle sue acque.
Dietro tutto questo si ammalano e muoiono esseri umani al servizio di questi moderni e scrupolosi cercatori d’oro, e continueranno a lasciare la loro firma sulle malattie e la morte delle generazioni a venire.
Oggi in tanti Paesi delle provincie cordiglierane ci si batte contro l’apertura di nuove miniere, come il caso di Famatina e Chilecito, due località nella provincia di La Rioja che si oppongono fermamente a tali progetti e che per tali ragioni vengono definiti “attivisti” o “ambientalisti”, con la stessa accezione con cui durante la dittatura militare si utilizzava il termine “sovversivi” per riferirsi ai dissidenti. Oggigiorno, in tutto il territorio nazionale si rilevano in funzione ben 17 attività a cielo aperto di questo tipo, tutte segnalate per i danni mostruosi che procurano all’ambiente.

 

Juan Carlos Ghioldi

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