La contro cronaca del derby delle aquile ll divano di Curò e le maglie da cambiare

Il giorno che il Palermo giocò il derby delle aquile con la Lazio aveva delle maglie orribili colore cane che corre (e corre pure male). A Laziu, mi avvisa mio cugino da via Montalbo, è squadra tinta, a chi dà a chi promette. Fino alle tre e dieci il Palermo non passò la metà campo. Rimbalzai sul divano, che mi pareva saturo di spilli, quando Franco Vazquez arrivò a rimorchio davanti alla porta della Lazio dopo che quelli avevano battuto qualche sette otto calci d’angolo… Alla televisione non c’è manco Dario Massara che cominciò a Radio Time, impastato di calcio e di umiltà, che fa la telecronaca. Palermo senza protettori dunque

Ballardini si mise il berretto colore ottanio e si collocò dietro il pietrone. Quale Maresca, gioca Brugman in mezzo al campo. La maledetta caffettiera aveva sempre un problema con l’ultimo scatto e mia moglie riuscì pure a rimproverarmi «Goldaniga segnò» e io che faccio il caffè in cucina. E che è il Giubileo del tifoso rosanero – pensai –, ma quando mai il venerdì santo che ancora c’è un’ora di partita. Il secondo tempo comincia che il Palermo pare l’Arsenal. Ma il gol del 2-0 non lo fece nessuno. Alle quattro e dieci il bulgaro si mangiò il gol fatto e il telecomando mi fissò piatusu che a momenti veniva scripentato al muro. 

La Lazio rischiò nelle ripartenze, ma nessuno li seppe castìare. Gilardino aprì gli spazi per gli inserimenti degli altri, il contrario perfetto di quello che dovevano fare ma qua siamo, questo c’è, magari segnassero. Mi misi paziente nei panni di quelli della Noce che ci toccò Hiljemark da pronunciare. Un trequartista nella sua difesa è sempre pericolosissimo. E infatti. Chi glielo portò santo figlio, nel vertice basso dell’area di rigore che quelli che aspettavano solo quello. Rigore per la Lazio. Candreva ci aveva avuto parole con i tifosi. Guardò l’angolo ad incrociare e tirò rasoterra pareggiando. Alle cinque meno dieci ci furono cinque minuti di recupero ed il tempo per restare di ghiaccio che la Lazio stava segnando. Poi finì. Poteva andare meglio, ma poteva andare molto peggio.

Giuseppe Bianca

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