Negli ultimi giorni i riflettori sono stati tutti puntati sulle vicende del centrodestra. Tra gli alti e bassi di Nello Musumeci, la questione relativa al tecnico Tuccio D’Urso e alle sue animate denunce di fuoco amico, fino alla candidatura di rottura di Gianfranco Miccichè: tutti elementi che insieme disegnano uno scenario tutt’altro che tranquillo, in cui la necessità per questioni di opportunità di andare al voto uniti in un’unica coalizione appare spesso più come un pesante obbligo piuttosto che un desiderio condiviso. Ma se Sparta piange, Atene di certo non ride, con un Centrosinistra che aspettava le elezioni del presidente della repubblica per passare a discorsi più interlocutori e che, invece, è scivolato nel pantano delle polemiche interne, con l’unità del campo largo che oggi appare cosa più declamata che reale.
Una confusione che riguarda tutti i livelli: dalle voci vicine ad ambienti di Forza Italia che parlano di una proposta concreta di accordo da parte del Partito Democratico, rigettata – dicono – per rispetto degli alleati storici, alle aperture ventilate all’interno del Movimento 5 stelle, ma non condivise nemmeno dall’intera guardia dei parlamentari grillini, all’insegna del mito di un modello Draghi che però di fatto escluderebbe in maniera netta una parte della coalizione, specie quella più a sinistra e che neanche sulle sponde del Centrodestra è visto con troppo entusiasmo.
Cartina tornasole è la situazione palermitana: i candidati ci sono, anzi, ci sarebbero, ma tutti quelli venuti allo scoperto non godono della totale condivisione da parte del campo largo, motivo per cui da più parti arriva la richiesta di ricorrere alle primarie per la decisione finale. Primarie che sono praticamente marchio registrato del Partito democratico, che non perde l’occasione per rivendicarne la paternità, ma che si mostra sempre attendista quando si tratta di prendere una posizione in merito. Intanto frange del Pd palermitano cercano nuove aperture del campo largo e qui i contatti con Forza Italia sono più di una voce, tanto da suscitare ripetute volte la disapprovazione di Giusto Catania, assessore orlandiano e tra gli alfieri dell’Unità per Palermo, che raduna il grosso delle anime della sinistra civica ed ecologista cittadina.
Disapprovazioni che hanno portato anche a uno scambio di battute piuttosto acceso tra l’assessore e il dirigente democratico Marco Guerriero, che non è andato tanto per il sottile nei confronti di Catania: «L’unico fallimento di cui Catania dovrebbe parlare è quello del Comune di Palermo che proprio il governo Draghi ha evitato» dice, rimarcando la necessità di un percorso alternativo rispetto a quello segnato da Leoluca Orlando. La risposta di Catania non si è fatta tuttavia attendere: «Qualcuno può spiegare al responsabile Enti locali del Pd in Sicilia che a Palermo il sindaco Orlando e sette assessori sono iscritti al suo partito? C’è qualche problema di serietà se chi governa la città attacca l’amministrazione comunale, addirittura chiedendo discontinuità per il futuro». Intanto il tempo scorre inesorabile, specie per le Amministrative, che arriveranno a giugno e per le quali ogni giorno che passa allontana quanto meno la possibilità di organizzare primarie e campagna elettorale in tempi utili.
Sul fronte regionale la grossa novità di ieri è stata la conferma della candidatura di Cateno De Luca, che al momento sarebbe il terzo candidato alla presidenza della Regione nell’alveo del Centrodestra, seppur fuori coalizione. Talmente fuori coalizione da annunciare la proposta in Assemblea regionale di mozione di sfiducia nei confronti di Nello Musumeci, che sarà presentata dal deputato deluchiano Danilo Lo Giudice, «l’unico deputato uscente che sarà ricandidato», assicura il dimissionario sindaco di Messina, ma anche l’unico deputato di Sicilia Vera in Assemblea. Forse una boutade, forse no, fatto sta che in molti, tra i banchi dell’opposizione – Pd e Cinquestelle in testa – si sono detti disponibili a votare una mozione che anticiperebbe le elezioni del presidente della Regione. Una disponibilità che non si sa quanto potrebbe corrispondere alle reali intenzioni, visto lo stato in cui sembrano versare i lavori del cantiere campo largo.
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