Pedalando indietro nel tempo scopriamo che la bicicletta nei suoi due secoli di vita racchiude in sé semplicità e genialità. Ha subìto vari mutamenti nel corso della sua storia – dalle migliorie meccaniche all’inserimento di pc palmari – ma dai primi del ‘900 il concetto di base è rimasto immutato: un sistema a pedali, la trasmissione a catena e le due ruote. Tutto qui.
Andando ancora più a ritroso il veicolo a due ruote, che si può considerare il primo antenato della bicicletta, ha una storia che risale all’antichità. Pare che i Cinesi utilizzassero carri a due ruote addirittura nel 9500 a.C. e i Sumeri oltre 8000 anni fa, ma il primo abbozzo di bicicletta è quello che risale allo schizzo di Leonardo da Vinci (disegno, forse, di un suo allievo) del 1490 circa. Nel 1791 il conte de Sivrac costruì una macchina elementare a struttura rigida in legno che battezzò col nome di velocifero o celerifero. Per i francesi divenne ben presto un lussuoso giocattolo, ma niente di più.
La prima bicicletta rudimentale (draisina) fu invece ideata nel 1816 dal barone tedesco Karl von Drais. Rispetto alla bicicletta contemporanea, quel veicolo era davvero tutta un’altra cosa… Quell’oggetto, che costringeva il conducente a camminare da seduto, venne considerato dalle persone dell’epoca come una sorta di curioso passatempo piuttosto che un vero e proprio mezzo di trasporto, e non era nemmeno economico poiché causava un eccessivo consumo di suole delle scarpe. Ma nel 1861 il francese Ernest Michaux trovò la soluzione aggiungendo un paio di pedali alla ruota anteriore e i freni. Era nata la prima bicicletta “michaudine” (il giovane Ernest strabiliò e impaurì i passanti scorazzando con essa lungo i Campi Elisi), intesa come mezzo di trasporto a pedali capace di coprire distanze considerevoli, senza eccessivi problemi.
Più di vent’anni dopo, grazie al contributo di John Dunlop e dei fratelli Michelin, si utilizzarono sia i pneumatici a camera d’aria e i copertoni, sia la trasmissione a catena di Louis Sergent, rendendo le bici più comode e veloci. Un tempo, per gli uomini montare un biciclo era sinonimo di virilità e di vigore, mentre si riteneva che un simile mezzo non si addicesse alle donne. La situazione mutò in meglio quando ai primi del Novecento si diffusero le prime manifestazioni sportive e presero il via le prime grandi gare ciclistiche su strada, tra le quali il “Tour de France” e la “Milano-Torino” (1903).
Forti delle migliorie componentistiche e dell’uso corrente del mezzo, destinato a vari tipi di fruitori, nuove fabbriche di biciclette presero a spuntare un po’ ovunque e addirittura nacquero le prime scuole guida.
Risulta chiaro che la bicicletta aveva perso, definitivamente, il suo carattere di oggetto di lusso per dare vita sia ad una moda (anche le donne, finalmente, ne potevano usufruire e fu inventato l’abito per ciclisti e cicliste) sia all’ampliamento della gamma con bici da corsa, da turismo, da passeggio e per fuoristrada (nascono infatti nel 1933 le prime “mountain bikes” con cambi di velocità per attraversare qualsiasi tipo di terreno: dai deserti alle montagne), fino all’odierna variante elettrica della nostra vecchia amica, vista come mezzo eco-compatibile per lo sviluppo sostenibile dei centri urbani, sopraffatti da cronici problemi legati a traffico e smog.
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