«Sesso anatomico, identità del genere e desiderio sessuale sono tre cose distinte e separate». È questo l’assunto da cui parte
Agnese Vittoria, l’attivista catanese per i diritti lgbtqi che, rinnovata la carta d’identità, si è ritrovata davanti un documento con una foto che rispecchia le sue fattezze di donna (con capelli lunghi e il rossetto sulle labbra) ma anche il suo nome da uomo e una M (maschio) nel riquadro dove si deve indicare il sesso. «Il nostro ordinamento giuridico ancora oggi, purtroppo, confonde per ignoranza culturale i concetti di sesso e genere e incasella tutte le cittadine e cittadini nell’etichetta sesso e genere dicotomici donna/femminile e uomo/maschile». Agnese, adesso, sta presentando un’istanza alla prefettura etnea per chiedere che venga modificato il documento inserendo il nome che si è scelta e mettendo una X dove c’è da indicare il genere.
In Italia ci sarebbe già la possibilità di
cambiare il nome anagrafico sui documenti pur mantenendo il sesso genitale d’origine. «Solo in teoria però – lamenta Agnese a MeridioNews – perché, in realtà, l’iter burocratico da affrontare è lunghissimo e anche piuttosto costoso. Sulla questione del genere da indicare, invece, dovremmo prendere esempio dal Canada». Nel Paese del nord America (ma anche in Australia, Bangladesh, Germania, India, Malta, Nepal, Nuova Zelanda e Pakistan) c’è la possibilità di scegliere tra maschile, femminile o nessuna identificazione. In pratica, una X si aggiunge come opzione di scelta nei documenti oltre ai classici M (maschio) e F (femmina). «Io preferisco definirmi una ragazza male to female (Mtf) che sta a indicare semplicemente una persona che passa dal genere maschile al genere femminile. Quello già compiuto in altri Paesi di introdurre la X è un importante passo avanti verso l’uguaglianza e verso il principio dell’autodeterminazione e dell’autonomia sessuale», afferma Agnese che, nel 2014, si è già vista riconoscere dall’università di Catania una sorta di doppio libretto universitario per tutti gli studenti transessuali.
«Io credo che in un Paese civile, persino in uno conservatore come il nostro, sia giusto – dice Agnese – dare a tutti la
possibilità di riconoscersi nel genere a cui si sente di appartenere, andando oltre i concetti di maschio e femmina che, peraltro, sono cambiati nel tempo e continuano a mutare in continuazione. Introdurre quella X – aggiunge l’attivista – sarebbe un grande segno di rispetto e inclusività, perché i generi non sono solo due e sono in continuo transito. Fino a quando prevarranno le rigide griglie di femminile e maschile – conclude – i corpi non saranno mai liberi».
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