Benvenuti a Scicli, si legge su un cartello all’inizio del film: luogo di incanto nel mondo, introduce la voce narrante. Siamo nel profondo sud della Sicilia, nell’ultimo Comune prima di oltrepassare il continente e sbarcare altrove. Sembra lontanissimo, eppure a Scicli le telecamere non sono cosa rara, portata alla ribalta degli schermi televisivi dalle appassionanti missioni del Commissario Montalbano. Ma stavolta il protagonista non è di fantasia e, soprattutto, non è umano: Italo è un cane, anzi il cane, adottato prima dalla gente e poi dal Comune, tanto da meritarsi la definizione di «cane diversamente umano» in una recensione pubblicata dal Corriere della Sera.
Una storia sbalorditiva, che di straordinario ha solo l’ordinario: la tenerezza di un enorme meticcio bianco che quasi si fa uomo, comparendo da un giorno all’altro per le vie barocche, accompagnando i turisti lungo i loro percorsi, presente alle funzioni religiose come a quelle funebri e alle tradizioni di paese. Un cane sciclitano, che partecipa dei dolori e delle gioie della sua città, superando i pregiudizi dei cittadini, sconvolti pochi anni prima da gravi e reali fatti di cronaca legati al randagismo. Italo, infatti, compare a Scicli nel 2006 ma la sua presenza non è subito gradita. Poco tempo prima, alcuni cani randagi avevano ucciso un bambino e ridotto in fin di vita una turista nel territorio.
Era già adorato da tutti, quando il sindaco, Giovanni Venticinque, decise di farlo microchippare e di dargli cittadinanza sciclitana. Perché il nome Italo? Lo avrebbe deciso una ragazza del posto, una delle prime a familiarizzare con lui, che di piazza Italia aveva fatto la sua casa; poco prima che gli fosse data in comodato una cuccia a fianco del Municipio.
Ma chi era veramente? Lo abbiamo chiesto agli sciclitani, a chi lo accudiva e persino a chi lo ha reso famoso. Italo, infatti, non si limitava a scodinzolare per le vie del paese ma riusciva a guadagnarsi da solo numerosi articoli di cronaca locale.
Giuseppe Savà, giornalista del quotidiano online Ragusanews, se ne definisce ironicamente l’addetto stampa ed, effettivamente, lo è stato. «Ormai avevo finito per occuparmi di Italo come di un fatto di cronaca locale», ci racconta. «Video Regione (una emittente locale, ndr) gli ha persino dedicato una puntata della trasmissione televisiva “Orizzonti”: io parlavo di Italo e lui stava li accanto a me. Col tempo, ho anche temuto che tutta quella visibilità potesse nuocergli e che qualcuno potesse fargli del male, ma è rimasto fino alla fine il beniamino di tutti. Italo c’era sempre: accoglieva i personaggi famosi in visita in paese ed ha partecipato anche alla inaugurazione dell’evento “Omaggio ad Italo” che il Movimento Culturale Vitaliano Brancati aveva organizzato in suo onore, invitando i più illustri artisti siciliani a ritrarlo», ricorda Savà. Tra i tanti Sarnari, Polizzi, Alvarez, Candiano. Ma fu il pittore Piero Guccione a porsi, in quell’occasione, il problema di un cognome, «stabilendo che senza dubbio gli si addiceva quello di “Barocco”. Tanto da intitolare il pastello realizzato “Le due facce del Barocco”, in cui Italo veniva frapposto ad un mascherone siciliano», spiega Savà.
«All’inizio avevo paura – racconta Francesca, una giovane sciclitana – Ricordo che mi sentivo seguita da qualcuno, mi giravo ed era lui. Capitava di sera e se ero sola; avevo la sensazione che conoscesse il tragitto di casa mia. Col tempo è diventato familiare. La cosa singolare era che se io mi fermavo, si fermava anche lui. Se ne andava solo quando ormai avevo chiuso il portone di casa, come se si accertasse che fossi al sicuro».
Ma l’attrazione principale di Italo erano i turisti: li accompagnava durante le visite barocche e si lasciava coccolare da loro. «Aveva una vera predilezione nei loro confronti; distingueva nettamente il turista dallo sciclitano», testimonia ancora il giornalista Giuseppe Savà.
L’attenzione della regista Alessia Scarso nasce proprio dagli articoli letti su Ragusanews: “Mi trovavo a Roma quando li leggevo. Incuriosita, sono tornata in Sicilia, dove ha preso forma il soggetto per la sceneggiatura”, ci racconta.
La macchina da presa, però, non coglie solo la storia del cane umano e trasforma in immagini molte sfumature del piccolo centro siciliano, comprese le sue contraddizioni: arte e splendore da un lato, provincialismo e tracotanza dall’altro. La regista descrive anche il ruolo della politica tipico dei paesi, dove il sindaco (nel film, Marco Bocci) è il riferimento di tutti: il colpevole o il meritevole di ogni antefatto. E dove i comizi elettorali sopravvivono ancora, talvolta offrendo il palco a personaggi maccheronici e volgari (nel film la scintillante Barbara Tabita).
«Ma Italo resta il protagonista assoluto – afferma Alessia Scarso – Per renderlo tale dovevo metterlo sullo sfondo, volevo che fosse il motore delle azioni delle altre persone, colui senza il quale la storia non regge. Tutti, infatti, subiscono un cambiamento grazie ad Italo: la psicosi da cani randagi lascia spazio ad un vero e proprio beniamino».
Persino le riprese hanno tentato di riproporre il punto di vista di Italo, più basso e più dettagliato, come se Scicli fosse effettivamente ripresa dall’occhio di un essere vivente, più che da una telecamera. «Se non fossi stata modicana mi sarei lasciata influenzare dalla verticalità delle bellissime chiese barocche – precisa la regista. – Invece, per avvicinarmi il più possibile al punto di vista di Italo, ho scelto l’orizzontalità sacrificando le altezze. Scicli è coprotagonista, tanta bellezza scenografica agli occhi degli spettatori mi ha aiutata senza dubbio a raccontare la storia. Un popolo abituato alla bellezza è diverso dagli altri: la assorbe inconsapevolmente, solo che poi si abitua. E a ricordarglielo a volte serve l’occhio nuovo di qualcun altro».
In effetti la bellezza barocca è talmente presente da essere quasi utilizzata per sopperire ad una trama un po’ carente. Forse perché nei paesini il tempo scorre troppo lentamente. O semplicemente perché Italo è stato sì un cane straordinario, ma anche una persona normale. Al suo funerale erano in pochi: l’amico giornalista, il sindaco e pochi altri. La sua morte fu resa nota solo dopo qualche giorno, per timore che il numero delle visite potesse addirittura compromettere il traffico e la viabilità.
Eppure quella di Italo al suo funerale non è stata la sua ultima comparsa, anzi sembra che da Scicli non voglia andarsene più, essendo riapparso addirittura sul grande schermo. Peccato che sul red carpet stirato davanti al Cineteatro Italia in suo onore, mancasse solo lui; proprio su quella piazza che gli ha dato nome. Sembra paradossale che l’unico evento a cui sia dovuto mancare sia stato proprio il suo.
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