Niente sacco bianco, niente sciarpa del “cacciocatania” al collo, niente coccarda della santa o guanti bianchi e niente “scuzzetta” in testa. Al mio braccio destro una videocamera grigio metallizzato montata su un treppiedi, carica e pronta all’uso; in tasca 4 mini-dvd e una batteria come equipaggiamento aggiuntivo e un paio di occhiali da sole pronti a mascherare l’espressione devastata più che devota. Sono un video-soldato con il compito di riprendere il “fronte” agatino.
La “missione” odierna è quella di filmare la messa dell’aurora e i primi momenti dell’uscita della santa. Alle 4 del mattino sono già in piazza Duomo, entro in cattedrale deciso a guadagnare una buona posizione. Giusto per scrupolo, prima di varcare l’ingresso chiedo a un carabiniere se sia vietato riprendere all’interno. Risposta negativa, evvai! Sono già a centinaia ad affollare le tre navate della chiesa, io mi dirigo verso quella destra puntandone con decisione il fondo, dato che è proprio da lì che verrà fuori il busto della santa. Non a caso, proprio in questa zona, vi è già un bel mucchio di gente. Mi riesce comunque facile guadagnare una posizione vantaggiosa, mi sistemo in un angolino dove non do fastidio a nessuno. Non mi accontento però, perché sono molti i cameraman arrampicati su altari, altarini e non so cosa. Io scelgo un non so cosa, grazie all’aiuto di una scala offerta da una troupe francese mi arrampico e anche io ottengo un piazzamento d’onore. Faccio qualche ripresa, ma ovviamente aspetto come tutti l’apertura della cancellata, alla mia destra, da dove uscirà la santa.
Quando finalmente, dopo due ore di attesa, portano il busto della santa in superficie, dalla cameretta nella quale riposa per il resto dell’anno, ecco che succede l’imponderabile. Due-tre saccoriani (i mammoriani con il sacco) mi puntano decisi e gridano tre, forse quattro volte: “Giuoane… astuta sta tilicamira fooo”. Il loro gesticolare, deciso e intimidatorio, chiarisce subito che non si tratta di un consiglio. Decido di far finta di non sentire, del resto ci sono almeno altre 4 telecamere arrampicate come la mia che puntano lo stesso identico obiettivo, quindi continuo a riprendere nella speranza che cambino preda. Ma non succede. I saccoriani diventano quasi una ventina, averli ignorati li rende ancora più inferociti, adesso mi urlano pure di scendere e subito! Stavolta li guardo (riesco pure a filmarne qualcuno) e chiedo spiegazioni. Ma mi arrivano solo urla incomprensibili.
Non ho altra soluzione se non quella di scendere, anche se la troupe francese è ancora abbarbicata sul suo altare, così come quelli di Telecolor (che non verranno assolutamente minacciati dai saccoriani). Passano pochi istanti ed ecco che tra la folla si fa spazio un giovane mammoriano (non ha il sacco lui, quindi può osare di più) che riconosco dai capelli gellati e sagomati secondo la loro tradizione. Si fa largo con voce urlante e dito puntato verso la telecamera dei cugini transalpini: anche loro devono desistere e scendono, abbattuti dalle forze nemiche. Questo però non sazia un altro strano individuo, lui è un anarcosaccoide (quelli con il sacco che si muovono da soli e senza l’approvazione del branco) che sembra addirittura voler requisire la telecamera allo sconvolto cameraman d’oltralpe. Per fortuna un saccoide semplice (quelli col sacco, ma non necessariamente mammoriani) ferma l’anarcosaccoide e il mammoriano e dice: “Mpare ma cchi fastidiu vi stanu rannu? O taliativi a santaituzza ca sta niscennu”. Rimango stordito, ma sono tra i sopravvissuti. Dalla posizione ora nettamente più bassa il nemico non riesce a vedermi bene. Mi basta per continuare a riprendere.
Il momento tanto atteso è passato e la gente comincia a sfollare. Io cerco di uscire verso la piazza, ma tale operazione mi obbliga ad almeno quindici minuti di stretto contatto con saccoidi, saccoriani e popolazione civile. Mentre cammino, rimango esterrefatto da ciò che giunge alle mie orecchie: “Mpare u viristi a cchiddu ccu da tilicamira… u ficiru scinniri… s’annunca ancora dda era misu”. Parlano di me e della spedizione punitiva che mi è stata inviata contro, ma non si accorgono che proprio io sono li accanto con la mia “tilicamira”. Attenti, il nemico vi ascolta.
Riesco finalmente ad uscire, ora mi aspetta l’attesa fino a quando la santa verrà portata fuori dalla cattedrale e caricata sul fercolo che attende fuori insieme ad una moltitudine di gente. Si decide per una capatina al bar, per far colazione. Entro, ed ecco cosa vedono i miei occhi. Saccoriani ovunque!!! Un’imboscata. Sono a perdita d’occhio. In fila alla cassa, ammassati ai banconi, dubbiosi tra un arancino e una treccina al cioccolato (alla fine in questi casi si opta per la variante dolce-salato, quindi per entrambi), ma la scena più terrificante è l’enorme presenza di truppe nemiche in fila per i caffè. Sento uno di loro ordinarne dieci senza capire come li porterà via, un altro che ne beve tre uno dopo l’altro. Mistero.
Qualche ora più tardi, con il sole già sorto, sono a filmare i primi momenti del giro esterno che il fercolo con la santa comincia a effettuare, muovendosi da piazza Duomo verso porta Uzeda. Mentre cammino vedo gente che mi indica e che sussurra qualcosa all’amico vicino (spie nemiche immagino). Gente che ovviamente non conosco e con la quale non ho nemmeno condiviso una fila ad un bagno pubblico. Loro però sanno chi sono, l’intelligence saccoriana sta già sicuramente segnalando la mia posizione.
Mi sposto, trovo un buon punto per cominciare a riprendere quando alle mie spalle sento “Talia ccu cc’e…chiddu cca tilicamira!!!” e come se non bastasse un altro aggiunge “Mpare chistu u treppiedi u sta cchiantannu unni ie gghie!!” (da notare che invece era assolutamente chiuso e pertanto non ingombrante affatto). Mi giro verso di loro, sono un gruppo di saccoriani, tra loro riconosco alcuni di quelli che erano in prima fila dietro alla cancellata in cattedrale. Abbozzo un sorriso. Loro rispondono invece con una trovata dalla portata strategica non indifferente. Assoldano un mini-saccoriano (quelli dai 3 ai 6 anni) e lo mettono in braccio ad uno più grande. Con velocità d’esecuzione e ritmo incessante comincia a sbattermi in testa il suo candido guanto bianco, tentando palesemente di impedirmi di riprendere.
Qualche metro più in là una donna, in abiti civili, esclama a voce alta la sua felicità per aver visto quest’anno la santa comodamente e senza dover spintonare nessuno in mezzo alla folla (parlava comodamente seduta sopra ad un motorino posteggiato con in braccio una piccola bambina). Le sue parole sembrano stranamente normali, diverse da quelle sentite fino a qualche attimo prima. Non sta con i saccoriani, suppongo.
Improvvisamente invece vengo smentito. Rivolgendosi alla bambina esclama, ancora una volta a voce alta e con tono soddisfatto: “Uora ni nni iemu… però prima facemu passare na para di ebrei …”. Incrocio lo sguardo con una civile, anche lei ha sentito e dopo un attimo di perplessità si mette a ridere incredula. Io invece rimango immobile, poi tra me e me urlo: ritirataaaa!
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