Iniziato l’accerchiamento di Rita Borsellino?

“Datemi una maschera e vi dirò la verità”. L’aforisma dell’inimitabile Oscar Wilde potrebbe essere la guida per provare a capire quello che sta succedendo in queste ore a Palermo. Dove non la politica, ma la mafia, più potente che mai, sembra letteralmente impazzita: impazzita all’idea che una donna dal cognome emblematico – Rita Borsellino – diventi sindaco della città senza passare lungo i sentieri scoscesi dell’onorata società.
Già presente, anche se in forma arcaica, durante il Regno dei Borboni – celebre e celebrata, per gli amanti della storia della Sicilia, la relazione del Procuratore del Regno in ervizio a Trapani, Pietro Calà Ulloa, sulle “confraternite” dell’epoca: e si era, anno più, anno meno, nel 1831 – la mafia ha partecipato ‘attivamente’ al Risorgimento siciliano, strumentalizzando Garibaldi con il sostegno assai interessato di Bixio e Nicotera. Poi accanto a Crispi nel reprimere i Fasci siciliani e, ancora, alleata fedele del “ministro della malavita” (così Gaetano Salvemini definiva Giovanni Giolitti: e non c’è molto da aggiungere). Quindi dietro le quinte durante il ventennio fascista, pronta a dare una mano al ‘Prefetto di ferro’, Cesare Mori, nella lotta alla manovalanza mafiosa, anche medio alta; ma altrettanto pronta a chiedere e a ottenere da Mussolini in persona il siluramento dello stesso Mori quando questi, abbandonata la mafia delle campagne, rivolge il proprio sguardo alla borghesia mafiosa di Palermo.
E ancora il 1943, e ancora Palermo: lo sbarco americano in Sicilia e Charles Poletti, capo dell’amministrazione militare alleata nella nostra Isola, sede operativa nel capoluogo dell’Isola. Accanto a lui, in qualità di interprete, un giovanissimo Vito Ciancimino. Sì, proprio lui, il sindaco mafioso di Palermo per appena 100 giorni, anno di grazia 1970. Lo stesso personaggio che, tra il 1988 e il 1989, si scoprirà essere – insieme con il suo socio storico, il conte Romolo Vaselli – il vero padrone dei grandi appalti di Palermo proprio mentre in città impazzava la ‘Primavera’ di Leoluca Orlando. Diavolo e acquasanta insieme, appassionatamente.
Siamo arrivati ai nostri giorni. Ciancimino è morto nel 2002. La mafia, no. E la mafia, che nella Prima Repubblica operava dentro i partiti (di maggioranza e di opposizione) ora – in assenza dei partiti – deve accontentarsi dei professionisti di grido e dei politici associati agli stessi professionisti di grido (o al servizio di questi ultimi).
Proviamo a riflettere insieme, indossando la maschera: il consiglio comunale di Palermo, che in cinque lunghi anni, a parte i bilanci sgangherati, non ha approvato nulla di serio, una notte di fine novembre si sveglia improvvisamente e, oplà!, approva un inquietante Piano regolatore del Porto. Dove l’unica cosa chiara è che ‘pezzi’ di città di proprietà pubblica verranno privatizzati per dare luogo a speculazioni che nulla avranno a che spartire con l’area portuale. La mafia non c’entra nulla con questa storia che movimenta centinaia di milioni di euro?
Chi vota a favore di questo Piano regolatore del Porto? Il Pdl, il Pd, il terzo polo e Italia dei Valori. Possibile? Sui grandi affari questi quattro partiti – o meglio, gli uomini che dicono di rappresentare, a Palermo, non sappiamo fino a che punto, questi quattro partiti – sono d’accordo. Poi, però, davanti alla prospettiva di Rita Borsellino probabile vincitrice delle elezioni primarie del centrosinistra e altrettanto probabile sindaco di Palermo, gli stessi personaggi – e gli stessi partiti – che appena la scorsa settimana si sono ritrovati insieme nei grandi affari del porto si ‘dividono’ e tornano alla guerra fatta di parole.
Tutto questo, ‘loro’, lo fanno senza maschera. Perché questi personaggi – i vari Lumia, Cracolici, Orlando, D’Antoni e via continuando – non sono mai stati vincolati alla verità, ma ad obiettivi politici. E qual è, oggi, l’obiettivo politico di questi personaggi, ora alleati, ora in rotta di collisione vera o presunta?
Un messaggio, intanto, si comincia a percepire tra segnali, divisioni e ammiccamenti: Palermo, la borghesia mafiosa di questa ‘irredimibile’ città (la definizione, rivolta all’intera Sicilia, è di Leonardo Sciascia: ma va bene anche a Palermo, che di una certa Sicilia irredimibile e mafiosa resta irragiungibile capitale) è favorevole ad un’altra stagione di antimafia di facciata, ma non sembra disposta a tollerare un’antimafia vera, fatta di normale legalità. Il resto, con rispetto parlando, sembrano solo le parole di una celebre canzone di Mina…

 

Giulio Ambrosetti

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