Inizia la farsa della ‘riforma’ delle Province

Anche per i dipendenti delle Province siciliane in fase di sbaraccamento, il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, ha fatto ricorso alla stessa formula linguistica utilizzata con ‘successo’ con gli addetti della formazione professionale dell’Isola: “I dipendenti stiano tranquilli, non si perderà un solo posto di lavoro”.

Nel settore della formazione professionale 700 dipendenti sono già a casa. E non si sa come finirà con tanti altri lavoratori di questo settore, perché, come abbiamo scritto ieri, il Governo regionale non ha ancora mantenuto uno solo degli impegni assunti appena qualche settimana fa.

Ora tocca alle Province. Il Governo e l’Ars, fino ad ora, contrariamente a quanto si cerca di far credere, non le hanno abolite. Le nove amministrazioni regionali sono ancora in piedi. Sala d’Ercole, con una legge pasticciata, ha solo abolito gli organi elettivi: i Presidenti (e quindi gli assessori nominati dai Presidenti) e i Consigli provinciali.

Il tutto per fare ‘cassa’, cioè per risparmiare 50 milioni di euro circa (il costo dei Presidenti, degli assessori e dei Consigli provinciali).

Da oggi, in base a una circolare dell’assessore regionale alle Autonomia locali, Patrizia Valenti, Presidenti, assessori e consiglieri provinciali sono a casa. Restano al lavoro, come già accennato, i dipendenti della Province che non sono mai state abolite. A governare le Province dovrebbero arrivare dei commissari prefettizi (che nelle Province di Catania, Ragusa, Trapani e Caltanissetta sono già insediati, perché erano già state commissariate).

In un Paese ‘normale’, in una Regione ‘normale’, sapendo che i dipendenti delle Province sarebbero rimasti al proprio posto, Stato e Regione avrebbero mantenuto gli stanziamenti finanziari per pagare gli stipendi a questo personale. Invece lo Stato e la Regione hanno ridotto gli stanziamenti. Il primo – lo Stato – per fare ‘cassa’. La seconda – la Regione siciliana – pure (cioè sempre per fare ‘cassa’).

Questo è il motivo per il quale il presidente Crocetta, così come ha fatto con il personale della formazione, ha rassicurato i dipendenti delle province: “Nessuno perderà il lavoro”. Resta da capire perché il Governo, lo scorso aprile, in occasione dell’approvazione di Bilancio e Finanziaria, ha tagliato i fondi alle Province.

Ora per pagare questi dipendenti, visto che la Regione è già senza soldi, ci vorrà un’altra manovra. Intanto, per sì e per no, l’Unione delle Province regionali siciliane (Urps) avrebbe fatto sapere, conti alla mano, che sarebbero a rischio gli stipendi di luglio.

Grazie ai tagli dello Stato e, soprattutto, della Regione, nelle ‘casse’ delle Province mancherebbero circa 80 milioni di euro. Tra meno di un mese, insomma, anche i dipendenti delle Province si andranno ad aggiungere all’esercito dei soggetti che aspettano i soldi della Regione: ai dipendenti della formazione professionale, ai precari della Regione dei Comuni (con in testa i circa 3 mila ex Pip di Palermo), agli stessi Comuni, ai forestali, ai dipendenti degli Ato rifiuti e via continuando con l’elenco.

I problemi non riguardano solo i dipendenti delle Province, ma ciò che le Province ancora oggi gestiscono: le scuole superiori e le strade provinciali. Per se seconda non ci dovrebbero essere problemi, perché negli ultimi vent’anni (a parte i soliti appalti truffaldini che sono serviti alla politica e alle imprese), queste strade sono state, di fatto, abbandonate.

Le scuole, invece ci sono ancora. Per fortuna che in estate sono chiuse. Ciò significa che il Governo regionale rinvierà il ‘bordello’ a settembre.

Ormai in Sicilia si governa così: rinviando i ‘bordelli’ di mese in mese, nell’improbabile speranza che chi resta senza soldi faccia sempre meno casino in base al noto principio che, se all’asino dai la metà della biada, alla fine si adegua…

La parte più ‘divertente’ di questo serial a puntate sulle Province made in Sicily, però, deve ancora arrivare. Anche noi, all’inizio, abbiamo creduto che Governo e Ars volessero applicare l’articolo 15 dello Statuto siciliano. Che, è noto, prevede l’abolizione delle vecchie Province, da sostituire con “liberi consorzi di Comuni”.

In realtà, questo articolo dello Statuto, anche se in modo farsesco, è stato applicato nel lontano 1986 (chi scrive se ne occupò da cronista politico). Al posto delle vecchie Province subentrarono le nuove Province regionali che erano uguali a quelle vecchie. Una farsa, appunto.

Governo e Ars, adesso, almeno a parole, si preparano ad applicare l’articolo 15 dello Statuto. E qui siamo alle comiche. L’articolo 15 è uno dei più semplici del nostro Statuto autonomistico. Debbono essere i Comuni, liberamente, a costituirsi in consorzi. Poi, l’Ars, con una legge, dovrebbe prendere atto della volontà dei Comuni.

Invece sta avvenendo l’esatto contrario: Ars e Governo decidono come a quali Comuni dovranno consorziarsi. Insomma, i Comuni, da soggetti attivi, come prevede l’articolo l’articolo 15 dello Statuto, nella mani dell’ottusa politica siciliana rischiano di diventare soggetti passivi. Tradendo lo spirito dello Statuto.

Ammesso, naturalmente, che, entro dicembre, Governo e Ars trovino la quadra. Noi non ci crediamo.

A nostro avviso, solo per risparmiare quattro soldi (quattro di conto, perché nelle società collegate alle Province ci sono i soliti precari: questo nessuno lo dice), hanno trasformato le Province così com’erano fino ai primi anni ’60 del secolo passato: enti alle strette dipendenze della presidenza della Regione. E tali rischiano di restare.

Anche perché, i soldi, li mette sempre la Regione. Certo, oggi ci sono i commissari prefettizi. Domani potrebbe essere lo stesso presidente della Regione a nominare i commissari, scelti tra i propri sodali. E saremmo tornati agli anni ’60.

 

 

Redazione

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