Informazione: un sogno chiamato mercato

«Dobbiamo trovare un contemperamento fra le esigenze editoriali e la garanzia del pluralismo d’informazione». Con queste parole Roberto Morrione, presidente di Libera Informazione, introduce il tema del convegno “Limiti al mercato editoriale e pluralismo dell’Informazione”, tenutosi sabato mattina nell’aula magna del Polo Didattico di Palazzo Fortuna. Il convegno è stato promosso da Libera, Libera Informazione e Università degli studi di Catania.

L’incontro nasce anche per sottolineare il caso dell’edizione siciliana di Repubblica, che è stampata ma non distribuita a Catania, differentemente dalle altre città siciliane. Il contesto è quello di una Catania che vive un momento complesso a causa delle dimissioni del sindaco Scapagnini e a problemi di natura amministrativa.
«Il 5 gennaio 1984, giorno dell’assassinio di Giuseppe Fava, si ebbe un segnale triste dei poteri occulti che non volevano la libertà di informazione e da quel momento in poi c’è stato un blocco di poteri che ha portato ad altri episodi come la vicenda Telecolor, per la quale sono stati licenziati 9 giornalisti senza un reale motivo, infliggendo l’ennesimo colpo contro la libertà», continua Morrione, che non nasconde il suo dispiacere per la mancata presenza di Ciancio, proprietario ed editore del quotidiano “La Sicilia” e della tipografia catanese che stampa “La Repubblica”.
«Hanno mancato di rispetto a tutti i cittadini catanesi non affrontando un dibattito su seri problemi economici e giuridici».

La discussione si è articolata attraverso due relazioni dell’ordinario di Economia politica Maurizio Caserta e dell’ordinario di Diritto privato, Maria Rosaria Maugeri, docenti rispettivamente alla facoltà di Economia e di Scienze politiche.
Caserta ha posto l’accento sulla informazione come merce e sull’insufficienza degli strumenti classici economici per affrontare un così singolare problema: «A seconda delle varie organizzazioni del mercato si può garantire informazione o no; il pluralismo è riconosciuto dalla disciplina di settore come un argomento rilevante soprattutto a livello regionale dove è necessario garantire alla gente la possibilità di scegliere tra varie fonti di informazione». Il problema si pone quando in un determinato contesto non c’è concorrenza, come a Catania, città che obbliga in qualche modo i cittadini ad essere soggetti ad un “pensiero unico” privandoli così di uno dei nuclei fondamentali dell’informazione: il confronto.
Un altro problema è quello delle distanze effettive per andare ad acquistare un giornale e dei relativi tempi di percorrenza. Il caso Repubblica rappresenta un esempio dell’aumento di queste distanze, infatti un cittadino per andare a comprare l’edizione siciliana della Repubblica dovrebbe arrivare all’aeroporto. Le possibili soluzioni per Caserta sono gli abbonamenti (poco utilizzati) e l’individuazione di una distanza massima da non oltrepassare.

La questione del pluralismo coinvolge anche fattori giuridici, tema affrontato dalla Maugeri che sottolinea come il garante abbia indicato l’esigenza di utilizzare strumenti diversi da quelli tradizionali. Un passo avanti si è fatto senza dubbio con la disciplina dell’Antitrust, volta ad evitare abusi e accordi illegali che possano restringere la concorrenza. Tuttavia, a causa della scarsità di successo per la mancanza di prove concrete, l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, nel tentativo di smascherare intese illecite,  utilizza prove implicite come la comparazione tra regioni  e il concetto di “parte rilevante” ai fini di un eventuale illecito. In questo modo si riesce a stabilire le differenze fra Regioni e quindi la rilevanza di un comportamento illegale nell’ambito dell’intero mercato.
Infine la Maugeri si è soffermata sulla possibilità che ha l’editore di ampliare la propria attività o attraverso la propria abilità (crescita interna) o attraverso l’utilizzo di strumenti come l’acquisto di quote più o meno ampie di altri giornali fino ad arrivare all’acquisto dell’intera testata (crescita esterna).

A seguire Roberto Natale, Presidente Fnsi, sindacato dei giornalisti italiani, chiede a nome di tutti il diritto di libera circolazione che c’è per qualsiasi merce ed evidenzia il concetto di “conflitti d’interesse”, con la proprietà che influenza sempre di più l’informazione. C’è bisogno di regole, di uno “statuto d’impresa editoriale” che tuteli diritti particolari per la loro rilevanza costituzionale, indicando criteri trasparenti per l’utilizzo dei fondi pubblici.

Santo Della Volpe, caporedattore del Tg3, invoca l’articolo 21 della Costituzione affermando che proprio l’Italia che fa della libertà nell’arte e nella cultura i suoi punti di forza, non può esimersi dal garantire una libera circolazione delle idee. L’esempio negativo è quello del caso dell’emittente Europa7, che non può usufruire delle sue frequenze in quanto occupate da Mediaset: vicenda che ha portato ad una multa da parte della Corte di Giustizia di svariati milioni di euro che l’Italia dovrà versare all’emittente. Continua Della Volpe: «Bisogna imparare dall’America, dove il New York Times  fa del rapporto libero e aperto il suo punto di forza grazie a una proprietà consapevole dell’importanza dell’informazione pura».

L’ultimo intervento, non meno importante, è quello dell’eurodeputato Claudio Fava: «Catania è una città devastata in silenzio e in silenzio dimenticata, con padroni e direttori che sono la stessa persona; questo porta problemi gravi alla qualità della democrazia e ai giornalisti aspiranti a cui sono imposte condizioni svantaggiose».
La descrizione di Fava è quella di una città disperata e saccheggiata, con un sindaco che scappa lasciando gravi problemi finanziari: una città che non sa perchè è ostaggio di una politica servile: «Un popolo che non sa non è un popolo libero».
A conclusione del suo intervento Fava parla dei guadagni dei giornali che derivano in gran parte dalla pubblicità concessa da istituzioni come l’Università e i Comuni e rimarca ancora una volta il fatto che in Sicilia, in passato, la mafia ha ucciso otto giornalisti.
Non ha potuto partecipare per problemi personali Giuseppe Giulietti, Presidente di Articolo 21.

C’è spazio anche per gli interventi da parte di volti noti di Telecolor,  per riaffrontare il tema dei licenziamenti ingiustificati e per i giovani che chiedono sostegno per le loro realtà editoriali.

Infine il dibattito con due giornaliste de “La Sicilia” che rispondono a Fava il quale ha lamentato il fatto che le notizie che lo riguardano trovano spazio ridottissimo o nullo nel giornale di Ciancio.
Entrambe hanno affermato di essersi sempre battute, anche contro la maggior parte dei giornalisti, affinché vi fosse davvero libera informazione e di sentirsi a posto con la propria coscienza professionale (concetto su cui ha posto l’accento lo stesso Fava), tanto da avere il coraggio di presentarsi al convegno con tutti i “rischi” del caso.

Claudio Colombrita

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