La Regione siciliana si costituirà davanti alla Corte costituzionale per difendere la legge sugli infermieri pediatrici che è stata impugnata dal governo nazionale lo scorso 29 gennaio. La conferma che resisterà in giudizio e che non cambierà la norma arriva dall’assessore alla Salute Ruggero Razza e verrà formalizzata nei prossimi giorni.
Lo scorso novembre l’Assemblea regionale siciliana ha approvato una norma che impone nuove regole per il personale delle aree pediatriche di strutture pubbliche e private. In particolare, tutte le aziende sanitarie siciliane che hanno reparti pediatrici hanno l’obbligo di «prevedere prioritariamente l’impiego di infermieri pediatrici». Cioè quelle figure specializzate e diverse dall’infermiere generalista, formate seguendo un corso di laurea specifico, che in Sicilia è attivo solo all’università di Messina. Il disegno di legge ha visto la luce anche grazie al sostegno dell’ateneo dello Stretto e dell’ordine degli infermieri.
Il consiglio dei Ministri ha ritenuto incostituzionali in particolare due articoli, il secondo e il terzo. Cioè quelli che regolano le assunzioni degli infermieri pediatrici: uno impone «in via prioritaria» il loro utilizzo, l’altro determina in che quantità, «una quota proporzionale al rapporto tra i ricoveri di soggetti in età pediatrica e i ricoveri complessivi, calcolato sulla media dei due anni precedenti al bando». Ebbene, per il governo nazionale così si violano «i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica (articolo 117 comma terzo della Costituzione)». In particolare si sottolinea come venga introdotto «un criterio di determinazione del fabbisogno degli infermieri pediatrici nell’ambito delle strutture sanitarie del Servizio Sanitario Regionale svincolato dal rispetto dei vincoli di spesa per il personale dettati dalle norme statali, nonché dalla prescritta coerenza con le previsioni di cui ai piani triennali dei fabbisogni di personale e dal piano di rientro dal disavanzo sanitario al quale è soggetta la Regione».
In pratica, il problema è la sostenibilità economica dell’iniziativa. Che, così com’è stata concepita, non rispetta i piani triennali di fabbisogno del personale che la Regione stila anche tenendo conto della riorganizzazione della rete sanitaria. «Le norme regionali in esame – si legge nelle motivazioni dell’impugnativa – che intervengono sulle dotazioni organiche delle aree pediatriche e prevedono procedure concorsuali, omettendo un esplicito richiamo alla summenzionata normativa statale, si pongono in contrasto con le regole da essa stabilite per il contenimento della spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale».
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