E’ stato sicuramente un 8 marzo diverso. Lontano dai soliti rituali, dalle mimose vendute dagli ambulanti e dalle cene a menù fisso organizzate nei ristoranti. Un 8 marzo plurale e variopinto, nelle voci e nei temi. A testimoniarlo i numerosi appuntamenti della capitale. Un happening organizzato in piazza Vittorio dal comitato “Se non ora quando?” con performance e interventi dal palco, video, musica e una pièce teatrale scritta da Cristina Comencini, flash mobs tra cui quello organizzato da “Donne di carta”, che è consistito nella lettura di brani di libri nelle stazioni della metropolitana, e un corteo notturno “Riprendiamoci le nostre vite indecorose e libere”. Un 8 marzo animato da una passione politica diffusa e rinvigorita dal dibattito che ha anticipato e poi accompagnato la giornata del 13 febbraio. Un 8 marzo sicuramente ridotto nei numeri rispetto al grande successo di qualche settimana fa, ma forse ancora più importante nel suo disseminarsi in più luoghi e con più volti.
Pratiche e forme diverse specchio di una politica di relazioni tra donne. Momento forse più animato è stato quello organizzato dal Coordinamento “Indecorose e libere”. In piazza Bocca della verità, dove ci si era date appuntamento per la partenza del corteo notturno, campeggiava una grande scritta: “L’8 tutto l’anno”. Le migranti, le studentesse, le operaie, le precarie protagoniste delle battaglie di questo autunno-inverno, non hanno smesso un attimo di lavorare per rivendicare i propri diritti. La questione femminile non può essere relegata ad un giorno all’anno. Né distinta in maniera assolutizzante dalle altre questioni aperte dalla crisi economica, politica, sociale e culturale attraversata dal Paese in questo momento storico.
«Per rivendicare libertà di scelta e autodeterminazione per tutte. Per reclamare diritti e nuovo welfare, riprenderci le piazze e i nostri desideri. Per boicottare la paura e le parate bipartisan perché la violenza maschile sulle donne non è un problema di etnia e sicurezza, ma una questione culturale e politica» recitava l’appello del coordinamento organizzatore. Lo sguardo attento su più temi, dal precariato, al welfare, alla riforma dell’università, dal razzismo alla violenza sulle donne, per scongiurare il pericolo di rimanere intrappolate nel semplice antiberlusconismo e nel perbenismo moralista.
Il corteo, nonostante il freddo pungente, e accompagnato da una luna che disegnava un sorriso complice, ha sfilato per le vie del centro tra cori e balli. Rosso il colore dominante. Il rosso della rabbia e della lotta. Parrucche, palloncini, corna da diavole, o più semplicemente un cappello, una sciarpa, un nastro, una borsa. Come sempre in queste occasioni la fantasia non ha avuto freni. Creatività e vena artistica hanno fatto da protagoniste, mentre la memoria di tante tornava indietro di trenta, quaranta anni e rispolverava immagini e slogan di vecche battaglie. Il corteo, dedicato alla donna vittima di un abuso sessuale nella caserma romana del Quadraro qualche giorno fa, si è sciolto a Campo dei Fiori tra musica e appuntamenti futuri. Il primo, il 12 marzo per la giornata a difesa della Costituzione, dai cui preparatevi emerge già il desiderio di esserci con modi nuovi e variegati, lontani dalla semplice delega ad un palco.
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