«Questa non è l’ora del lutto né del riscatto. Ma è l’ora del risveglio civile. Quello che porta alla società del convivere. Una società in cui l’integrazione è possibile a partire da noi per primi, qui a Catania». A parlare è Mbaye Gueye, giovane membro della comunità senegalese di Catania. Come lui, molti altri senegalesi che vivono nel capoluogo etneo si sono incontrati ieri pomeriggio davanti alla villa Bellini e sono giunti fino a piazza Stesicoro. Un migliaio di persone, a passo lento, ha percorso pregando via Etnea in un mesto corteo, attirando l’attenzione della folla in preda agli acquisti natalizi.
Una manifestazione organizzata per ricordare Modou Samb e Mor Diop, i due connazionali tragicamente uccisi a Firenze dalla violenza xenofoba di Ginaluca Casseri, in un giorno di lutto anche per Catania. Un quarantatreenne senegalese morto a causa delle esalazioni di monossido di carbonio provenienti da un braciere che, per il freddo pungente, aveva acceso nella sua stanza da letto.
«Davanti a Dio e alle leggi civili di qualunque Stato siamo tutti uomini, tutti uguali. La vita è un dono sacro e nessuno ha diritto di toglierla ad un altro uomo», sono state le parole dell’imam di Catania Mufid Abu Touq che, a capo del corteo, ha guidato i presenti in una preghiera cantata.
«Siamo qui per dire no ad ogni forma di razzismo e mettere in primo piano la pace. Perché nessuno possa dire che la comunità senegalese è violenta» – interviene poi Franco Ruggero, Console Onorario del Senegal a Catania. «Anche noi senegalesi siamo il futuro dell’Italia, un futuro meticcio. Viviamo qui, lavoriamo e paghiamo le tasse. C’è bisogno di più tolleranza», soggiunge il Console.
Nel frattempo, stretti per il freddo davanti l’anfiteatro romano, diverse associazioni – Pd, Rete antirazzista, Cgil, la Comunità di Sant’Egidio, l’associazione Rita Atria – hanno sostenuto i senegalesi etnei con le parole e la presenza.
«La mia è una doppia prospettiva: quella di italiano e di straniero. Sono nato qua ma i miei genitori sono senegalesi. Eppure sono convinto che un futuro diverso sia possibile, un futuro di umanesimo», commenta fiducioso Mbaye. Intanto tra la folla si fa spazio per il sindaco Raffaele Stancanelli, presente in piazza a fianco della comunità. «Tutti coloro che vengono qua per lavorare hanno diritto di essere rispettati. Spesso ci lamentiamo della nostra Sicilia, eppure sappiamo bene che certe cose a Catania non succederebbero mai. Anzi, sono certo che assieme una maggiore integrazione sia possibile».
Ma ad anticipare il discorso del primo cittadino era stato l’intervento spontaneo di un giovane che, microfono alla mano, aveva urlato ai presenti: «Siamo qui, pacifici, perché crediamo nell’integrazione. Ma ci auguriamo un’integrazione dei fatti, non delle parole. Altrimenti non cambierà mai niente».
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