In nove anni in fumo 44mila posti a Palermo Cgil: «Situazione drammatica ma inascoltati»

Ben 44mila posti di lavoro sono andati in fumo solo nella provincia di Palermo. Il dato «drammatico» si riferisce al periodo che va dal 2008 al 2016, è fotografa gli effetti devastanti della crisi economica sul mercato del lavoro nel capoluogo siciliano. A rivelarlo è la Cgil nel corso del direttivo regionale ed è frutto di un’analisi delle rilevazioni Istat che ha preso in esame dati nazionali. Nello stesso periodo, infatti, nel Paese sono stati cancellati 332.510 posti di lavoro: di questi solo 126.035 nell’Isola (il 38 per cento) e 44mila nel capoluogo siciliano (il 13 per cento). Un dato che preoccupa i sindacati «in assenza di strumenti» che possano garantire un’inversione di tendenza.

«È un dato tragico che già altre volte abbiamo denunciato – ha detto il segretario Cgil Palermo Enzo Campo – Si parla tanto della crescita del Paese, ma è un racconto che a Palermo e in Sicilia non si scorge assolutamente. Una cosa sono le cifre nazionali, un altro le singole realtà e spesso le medie matematiche le mettono in ombra: a Palermo ci sono circa 400mila persone che non lavorano e la disoccupazione giovanile è vicina al 70 per cento. Non si vuole capire che viviamo una condizione drammatica. Con il tema della Carta dei diritti universali abbiamo cercato di porre questa tema ma né il governo nazionale né quello regionale hanno ascoltato le nostre richieste».

A fargli eco, il segretario generale della Cgil Sicilia Michele Pagliaro: «È una situazione drammatica che lascia intendere quanto inadeguate siano state le politiche nazionali e regionali per lo sviluppo e l’occupazione. Oggi – ha proseguito – va evitato che la lunga fase di campagna elettorale che si apre determini lo stallo degli interventi. La sfida che lanciamo oggi al governo regionale è di dare risposte concrete, in quest’ultimo scorcio di legislatura, in tema di contrasto alla povertà e di occupazione giovanile».

Pagliaro ha sottolineato come «la Sicilia detiene assieme a Puglia e Campania il primato di persone in età lavorativa che vivono in famiglia e che nell’ultimo anno hanno lavorato per meno del 20 per cento del loro potenziale». Senza dimenticare i 20mila giovani che ogni anno lasciano la Sicilia e dei neet (tra i 15 e i 34 anni) che nel 2016 raggiungono quota 500mila. A fronte di questa situazione, ha affermato Pagliaro, «sarebbe inammissibile una stasi ad esempio sui Fondi strutturali, la cui spesa già arranca, o sugli interventi del Patto per la Sicilia. Il nostro è un appello alla politica a tornare a mettere prima di tutto gli interessi della Sicilia e dei siciliani».

Assai critico nei confronti delle politiche adottate dal governo nazionale e regionale è anche Campo che punta il dito contro l’introduzione del Jobs act, strumento che si è rilevato inefficace per creare nuove opportunità: «Non è certo cambiando la normativa che disciplinano il rapporto di lavoro che si possono creare crescita e nuova occupazione. Palermo e la Sicilia sono un esempio emblematico del lavoro destrutturato. Il lavoro senza regole non crea ricchezze o sviluppo e in questi anni l’arretramento è stato costante. Di questo passo – ha concluso – difficilmente si assisterà a una inversione di tendenza».  

Antonio Mercurio

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