In Corso Sicilia compare il muro della gentilezza «Angolo di solidarietà dove lasciare vestiti in dono»

Dieci giorni per importare dalla Svezia il muro della gentilezza. Questa la breve tempistica avuta a disposizione da Assia La Rosa, giornalista e ideatrice dell’agenzia di comunicazione I Press, e del suo staff, per realizzare un progetto di «solidarietà urbana dal basso», conosciuto per caso dalla lettura di un’iniziativa scandinava. Un muro simbolico, di fatto pannelli sui quali appendere cappotti, e ceste per posarvi cappelli, sciarpe, guanti e maglioni. Fornitiin primis dagli stessi promotori – lo staff di Laboriusa – che hanno inaugurato una vera e propria staffetta con la cittadinanza, che nel giro di 24 ore si sarebbe attivata portando ulteriori indumenti.

Il muro della gentilezza si trova in Corso Sicilia a Catania, all’angolo con piazza della Repubblica. «È un luogo di scambio, che nasce dalla gentilezza tra persone che operano sul territorio, con la speranza che possa essere curato dai cittadini e che non venga vandalizzato, con il semplice scopo di dare ristoro a chi cerca un po’ di calore», spiega La Rosa. L’inverno ha reso urgente ed improcrastinabile la realizzazione del progetto diventato realtà «Grazie ai nostri partner fornitori ed in particolare a Format Adv per il montaggio. Ma anche grazie al Comune di Catania che in tempi record ci ha autorizzato l’installazione».

Una sfida facile all’apparenza ma che, in realtà, richiede il concreto impegno al rispetto, senza approfittare della solidarietà come occasione per disfarsi di qualcosa che ha perduto valore. Oltre al rischio di vandalismi vandalici in un luogo aperto e di fatto custodito esclusivamente da quello stesso senso civico a cui è affidato. «Si tratta di un corner solidale, un angolo dell’usato colorato di fucsia, dove poter lasciare cose pulite, non rovinate, e non il classico sacchettino di cose non usate più», raccomanda La Rosa. Chi ha bisogno prende senza chiedere e sceglie liberamente tra ciò che trova a disposizione. Se i muri solitamente dividono, questo, invece, è stato voluto per unire: «Deve essere il muro di tutti, di chi vuole fare, per cambiare la logica della solidarietà».

Un mese è il tempo concesso inizialmente al progetto per mettersi alla prova, «Augurandoci che resti un muro di civiltà e che non diventi quello della inciviltà», conclude la promotrice.

Antonia Maria Arrabito

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